Processo Bozzoli: «Fumo nero se il corpo fosse finito nel forno»

Il consulente Giancarlo Farina ha spiegato alla Corte d'Assise il suo esperimento in una muffola con ossa e carne di maiale
La Corte d'Assise al processo Bozzoli - Foto Marco Ortogni/Neg © www.giornaledibrescia.it
La Corte d'Assise al processo Bozzoli - Foto Marco Ortogni/Neg © www.giornaledibrescia.it
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«Da quello che ho verificato posso essere certo e firmarlo che in quel forno non è stato messo nessun corpo. Chimicamente ho provato che il risultato finale è fumo nero, fuliggine e odore. Per questo sono certo che se si fosse verificata quella situazione nessuni poteva più respirare nel capannone. Se il corpo di Bozzoli fosse stato buttato nel forno il capannone si sarebbe riempito di fumo nero in una maniera pazzesca con un odore incredibile e al termine della combustione, tutto il capannone si sarebbe coperto di fuliggine».

Lo ha detto Giancarlo Farina, chimico e consulente della difesa, nel corso del processo davanti alla Corte d’Assise di Brescia a carico di Giacomo Bozzoli, accusato di omicidio volontario e distruzione del cadavere dello zio Mario, l’imprenditore bresciano svanito nel nulla l’otto ottobre 2015 nella fonderia di Marcheno, in provincia di Brescia.

«Ho fatto un esperimento in scala ridotta con una muffola, forno identico a quello di Bozzoli. Ho preso 250 grammi di ottone e messi nel forno e dopo un paio di ore ho trovato il fuso. Poi ho fatto la prova con cinque grammi di ossa, cinque grammi di carne del maiale e capelli messi nel forno. C’era un odore molto forte e siamo stati costretti a lasciare la stanza perché l’aria era irrespirabile - ha spiegato il chimico. In piccolo si registra sicuramente una micro esplosione perché la carne contiene acqua e se mette acqua in un forno a 950 gradi è matematico che il salto termico faccia asciugare la carne e quindi si genera uno spostamento d’aria».

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