Aeroporto di Kabul, anche una donna di Odolo ferita nella calca

Per un attimo, forse, ha accarezzato la speranza di riuscire anche lei a salire con il figlioletto di soli sette mesi su quell’aereo che l’avrebbe riportata in Italia, dove ad attenderla, a Odolo dove la famiglia vive dal 2015, ci sono il marito Atullah Solozai, rifugiato politico, e i suoi altri cinque figli. Poi il panico, la folla che spinge, la caduta in quel canale che abbiamo imparato a conoscere attraverso le immagini in tv, una fogna a cielo aperto dove il piccolino ha rischiato di annegare. «Li hanno tirati fuori i miei fratelli che erano con lei in aeroporto, mi hanno telefonato e io ho chiamato mio padre che è arrivato a prenderli in auto, sono tornati a casa della mia famiglia, poco fuori Kabul. Due ore dopo c’è stato l’attentato. Loro erano a casa, in salvo... grazie a Dio».
Dalla casa di Odolo, Atullah ripercorre al telefono le ore concitate di ieri. È riuscito a parlare con la moglie Lailamah, ad avere rassicurazioni sulla sua salute e su quella del piccolo Abdallah. «Tanta paura, tanto male, tante botte. Mio fratello si è tagliato una gamba con un vetro nel canale, gli hanno dato dieci punti nella farmacia vicino a casa, l’altro fratello è in salvo». Da tre giorni e due notti erano all’aeroporto di Kabul, sventolando il permesso di soggiorno di lei e i documenti del bambino, nato a febbraio all’ospedale di Gavardo, sperando che i militari trovassero per loro un passaggio per tornare in Italia. Niente da fare. «Hanno raccolto tre famiglie l’altro ieri, quattro ieri, a mia moglie hanno detto, non c’è posto, torna a casa... Come si fa a lasciare una madre di sei figli, cinque che l’aspettano in Italia...».Un volo per rientrare, al termine del viaggio in Afghanistan per presentare ai nonni l’ultimo nato, Lailamah l’aveva prenotato per il 31 agosto. Troppo tardi. Così la donna si è trovata intrappolata nell’inferno afghano, e ora è in pericolo perché moglie di un rifugiato politico scappato in Italia dopo aver lavorato per dieci anni con il contingente Nato. E in pericolo ci sono pure i due fratelli di lui, Samillah e Obaidullahm, anche loro ieri in aeroporto in cerca di un volo per l’Italia. Moglie e figlioletto resteranno per ora a casa dei genitori di lui, accuditi dai parenti e dai vicini di casa («viviamo tutti in due vie vicine»), in un quartiere periferico della capitale («come Brescia e Botticino» spiega Atullah) dove per ora la situazione è abbastanza tranquilla. C’è la farmacia, dove il fratello ieri è stato curato dalla ferita alla gamba, c’è la possibilità di uscire per comprare da mangiare.
Il nostro ministero ha annunciato che oggi partiranno da Kabul gli ultimi aerei militari poi - si spera - dopo il 31 agosto potrebbero riprendere i voli civili ed essere attivati corridoi umanitari. «Il mio cuore sanguina» sospira Atullah mentre racconta al telefono. Ha preparato la cena per i cinque figli rimasti con lui a Odolo, insalata riso e fagioli; questa mattina si alzerà presto, preparerà la colazione e il pranzo da lasciare mentre lui sarà al lavoro. Per loro - il più grande ha 14 anni - cerca di far trascorerre le giornate il più tranquillamente possibile: «Cucino, pulisco, stiro, tra un po’ i bambini torneranno a scuola, certamente». Ma anche oggi sarà un’altra giornata col cuore e il pensiero ai suoi cari per i quali non vede prospettive di rientro. «Posso solo aspettare, non riesco a pensare a niente, non ho altra possibilità. Con il mio datore di lavoro e con qualche amico abbiamo provato a contattare il ministero, ma non abbiamo avuto risposte. Posso solo aspettare».
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato
