Cultura

Il Capitolium, tempio simbolo della Brescia romana

Il più noto, imponente e rappresentativo luogo della Brixia che fu, accoglie la Vittoria Alata che vi fu rinvenuta
  • Il Capitolium visto da piazza del Foro - © www.giornaledibrescia.it
    Brescia Romana: il Capitolium e il Decumano Massimo
  • Brescia Romana: il Capitolium e il Decumano Massimo
    Brescia Romana: il Capitolium e il Decumano Massimo
  • Brescia Romana: il Capitolium e il Decumano Massimo
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    Brescia Romana: il Capitolium e il Decumano Massimo
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È il luogo simbolo della Brescia romana. E non è un caso che il fotografo Alfred Seiland ne abbia tratto uno degli scatti più significativi della mostra «Imperium Romanum». Realizzato a partire dal 73 a.C. per volere di Vespasiano, fu edificato sui resti del preesistente santuario di Età Repubblicana, di cui pure restano tracce.

Costituiva la parte prominente del complesso del Foro, che dominava dal lato settentrionale del Decumano massimo, una delle due arterie principali della città, corrispondente all’attuale via Musei e visibile, alcuni metri sotto la quota di campagna, proprio davanti al Capitolium

Tempio principale del capoluogo, è caratterizzato dalle tre celle, al quale è ricondotto il culto della cosiddetta «Triade capitolina», le tre divinità principali: Giove, Giunone e Minerva. 

I resti del tempio furono oggetto di una prima campagna di scavi risalente al 1823, a ridosso di quella colonna che sola spuntava dal terreno accumulatosi per successivi smottamenti dal colle nei secoli. Il materiale prevalente è il cosiddetto marmo di Botticino, mentre l’aspetto attuale si deve in larga parte alla risistemazione del Vantini (1826-30).

Tra gli elementi caratterizzanti che ne hanno agevolato fin dai primi interventi archeologici la collocazione cronologica e l’attribuzione, la scritta che domina il frontone: «IMP. CAESAR.VESPASIANUS.AUGUSTUS. // PONT . MAX . TR . POTEST . IIII. EMP . X. P. P. CAS . IIII // CENSOR» che lo riconduce inequivocabilmente a Vespasiano. Gran parte degli oggetti votivi e preziosi che vi furono rinvenuti è oggi parte della collezione ospitata al Museo di Santa Giulia.

Tra i resti nel 1826 fu rinvenuta anche la Vittoria Alata, che oggi vi ha trovato nuova collocazione.

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