Cultura

Vittoria Alata, gioiello «made in Brixia»: lo dice la sabbia

A indicare come probabile la realizzazione locale è l’analisi delle terre di fusione rinvenute nella statua durante i restauri
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"VITTORIA" SEMPRE PIU' BRESCIANA
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Una Vittoria Alata sempre più bresciana. L’analisi delle terre di fusione rinvenute all’interno della statua bronzea ha determinato la «compatibilità della frazione sabbiosa con i terreni che affiorano vicino a Brescia»: in parole povere, l’opera venne realizzata plausibilmente nella zona dell’antica Brixia romana, centro a cui venne destinata.

Una conferma scientifica ad ipotesi storico-artistiche già avanzate dagli studiosi, che fa tramontare definitivamente quella dell’origine greca e tardo-ellenistica della statua, nata come Afrodite e poi trasformata in Vittoria con l’aggiunta delle ali una volta portata a Roma prima di giungere al nord.

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CAPITOLIUM: ECCO LA VITTORIA ALATA

Le analisi. I risultati, assieme ad approfondimenti su tutte le fasi del restauro, sono stati resi noti ieri nell’ambito del seminario di studi «Percorsi di conservazione e ricerca. Il restauro della Vittoria Alata di Brescia» promosso dall’Opificio delle pietre dure di Firenze (che pubblicherà gli Atti) dove la statua è stata sottoposta ad un meticoloso restauro durato due anni, prima di tornare in città lo scorso ottobre nel Capitolium (che riaprirà martedì, assieme a tutti i musei). Restauro «ma pure studio e ricerca, come è nel Dna dell’istituto fiorentino» ha sottolineato aprendo i lavori il direttore Marco Ciatti.

«Studi che hanno consentito di definire, oltre che alla probabile area di esecuzione bresciana, anche una più precisa datazione negli anni della transizione dall’età Giulio-Claudia all’età Flavia, a ridosso del 69 d.C. della battaglia di Bedriacum che vide Vespasiano vittorioso sugli avversari - ha precisato l’archeologa Francesca Morandini, conservatrice dei Civici Musei di Brescia, che con Anna Patera dell’Opificio ha seguito passo passo il restauro -. Anche se non abbiamo la certezza della collocazione originaria, se nel Capitolium, nell’area del Foro o nel Teatro, è sempre più avvalorata l’ipotesi che si tratti di una sorta di ex voto voluto dal neo imperatore, e di un’attestazione del passaggio di poteri da una dinastia imperiale all’altra».

Le terre. Le analisi sui materiali, si diceva, hanno reso più plausibile la nascita dell’opera in un’officina dell’antica Brixia. «La frazione sabbiosa delle terre di fusione - ha spiegato Simone Porcinai dell’Opificio, che ha lavorato con le Università di Firenze e Siena, il Cnr e i laboratori del Consiglio delle scienze e tecnologie del Regno Unito - è compatibile con i terreni che affiorano vicino a Brescia. Un indizio, non una prova - ha aggiunto Porcinai - ma va in questa direzione». Così come la lega della fusione, compatibile con quella utilizzata per la grande statuaria di età romana imperiale.

L’officina. L’intervento di restauro, sviscerato ieri nei dettagli tecnico-scientifici, ha portato alla luce - lo hanno confermato in particolare gli interventi di Annalena Brini, Stefano Casu ed Elisa Pucci sulla pulitura delle superfici interne ed esterne, e quello di Alessandro Pacini sulle tecniche di fusione a cera persa - la raffinatezza tecnica ed esecutiva che fa della nostra Vittoria una delle statue bronzee più pregiate di epoca romana conservate in Italia.

In particolare, sotto le incrostazioni superficiali di sporcizia, protettivi applicati nel corso di restauri pregressi ed alterazioni chimiche sono emersi preziosi dettagli: le ciocche dei capelli e le piume delle ali, finite a cesello e scalpello, sono particolarmente naturalistiche; le pieghe del chitone sono lavorate per sfruttare al massimo l’incidenza della luce.

La pulitura a laser ha svelato le tracce di doratura a foglia sulle parti nude (mani, braccia, piedi) e la lavorazione del diadema ad agemina d’argento per le parti chiare e ad imitazione del prezioso «bronzo corinzio» per quelle nere che riproducono foglie e bacche di mirto. Un’opera certamente uscita da un’officina di alto livello tecnico che documenta l’avanzata tecnologia presente sul nostro territorio.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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