Maratona di New York a 70 anni? «Ottava volta che la corro»

Erik Fanetti
Originario di Bedizzole ma residente a Prevalle, dove aveva una macelleria, Giuseppe Zecchi si è iscritto alla gara del 2 novembre. È la sua ennesima maratona in giro per il mondo
Il maratoneta Giuseppe Zecchi - © www.giornaledibrescia.it
Il maratoneta Giuseppe Zecchi - © www.giornaledibrescia.it
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Giuseppe Zecchi ha scoperto la corsa quasi per caso, ma da quel momento non ha più smesso di muoversi. Settant’anni compiuti, originario di Bedizzole ma da sempre residente a Prevalle, da 15 anni è in pensione. Cammina dieci chilometri ogni due giorni, con la costanza di chi ha fatto del movimento una filosofia di vita. «Sembra facile, ma è dura… È come andare in macchina col freno tirato», scherza. Al suo fianco, da sempre, la moglie: presenza costante e preziosa. Ha tre figli, e uno di loro ha deciso di seguire le sue orme, prendendo in mano l’attività di famiglia.

La vita

Ha svolto il servizio militare a Caserta, dove si trovava alla guida di un carro armato. In gioventù praticava il pugilato, ma le responsabilità familiari e il lavoro da dipendente in macelleria lo hanno portato ad abbandonare i guantoni. Terminato il militare, ha cominciato a correre, poi a camminare, anche per via di qualche problema fisico. Quando ha aperto la macelleria a Prevalle, gli allenamenti si sono diradati, ma non sono mai del tutto spariti. Ha corso maratone in giro per l’Europa e il mondo: «New York, Berlino, Londra, Atene, Praga… A New York ho corso per la prima volta nel ’97 e poi l’ultima, la settima, nel 2019. Ora mi sono iscritto di nuovo. La gara è il 2 novembre, forse ci andrò da solo: il mio compagno di avventure ha avuto un problema e non sa se potrà venire. Ma ci vado comunque».

Giuseppe Zecchi nel 2023 ad Atene - © www.giornaledibrescia.it
Giuseppe Zecchi nel 2023 ad Atene - © www.giornaledibrescia.it

Il modo in cui racconta New York rivela tutta la sua passione: «Là ti chiamano per nome mentre corri, ti fermi e ti fotografano, anche se non hai vinto. Ti compri il New York Times e trovi il tuo nome in classifica. È la fine del mondo, è tutta un’altra cosa rispetto a qui, dove questa disciplina non viene considerata più di tanto». Nel suo cammino ha incrociato miti come Muhammad Alì, stretto la mano ai maratoneti italiani vincitori a New York, e scambiato battute con personaggi come Gianni Morandi e Linus. «Alla fine siamo tutti uguali. Tutti lì per correre».

Volontariato

Oggi Giuseppe dedica il suo tempo anche al volontariato. «Dopo tanti anni di servizio in oratorio, ora accompagno i ragazzi all’Anffas di Rivoltella con l’Aps di Prevalle e faccio anche il nonno vigile in paese. Non impongo mai nulla, do l’esempio. Se entro in una macelleria, non critico: magari faccio un complimento. È così che si insegna qualcosa». E sui giovani, il suo sguardo è lucido e severo: «Adesso girano con i coltelli per rubare e ferire. A noi insegnavano a colpire con i guantoni, ma fuori dalla palestra non si poteva nemmeno pensare di farlo. Il maestro ti riprendeva. L’educazione è tutto».

Giuseppe Zecchi nel 1997 a New York
Giuseppe Zecchi nel 1997 a New York

A Londra

Impossibile poi dimenticare quell’episodio a Londra, dieci giorni dopo la morte della regina Elisabetta II.

«Eravamo al parco per la partenza della maratona. Suonano l’inno nazionale con l’immagine della sovrana sui maxischermi, e io mi alzo e mi tolgo il cappello. Un organizzatore si inchina più volte e mi dice qualcosa, ma io non capivo. Poi mi spiegano che con quel gesto avrei meritato l’attestato da baronetto! In realtà mi ero alzato solo per prepararmi alla partenza, pensando che fosse il momento giusto, ma per loro era stato un segno di grande rispetto. E ancora rido se ci penso».

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