Ni-do sbarca a New York: «Le nostre borse da Brescia agli States»

Il loro brand è nato a Brescia, ma tutti sono convinti che sia di Milano. Facile crederci, guardando i modelli di Ni-do: la loro raffinatezza è da grande metropoli. Raffinatezza che ormai appartiene anche alla piccola Città Europea quale Brescia punta a essere, anche grazie ad aziende come questa. Il marchio, dicevamo, è nato in città: lo showroom si trova in contrada del Soncin Rotto, appena dietro corso Palestro, e buttando gli occhi oltre le vetrine si scorgono incantevoli pavimenti d’epoca e altrettanto incantevoli borse.
Loro sono Domiziana Bertelli e Nicola Massardi, partner nella vita e sul lavoro. Il marchio da loro fondato – lontano dalle logiche del fast fashion – è cresciuto fino a farsi notare da influencer, professionisti del settore e soprattutto consumatori e consumatrici. Oggi è pronto ad affacciarsi al mercato internazionale, con un pop-up a New York.
La loro collaborazione è iniziata sui banchi di scuola. Entrambi hanno frequentato il liceo artistico Olivieri seguendo poi strade parallele: Nicola ha studiato Product design al Politecnico di Milano, Domiziana Fashion design allo Ied. Dopo le lauree hanno lavorato per altri marchi, anche all’estero, accumulando esperienze diverse. Il sogno, però, era rimasto lo stesso: fondare un brand insieme.

Quando si sono sentiti pronti l’hanno fatto, decidendo di puntare sull’accessorio, un terreno di incontro tra moda e design. «L’accessorio è un mix: resta un oggetto, ma allo stesso tempo si muove nella sfera della moda», raccontano. Da qui nasce anche l’elemento che li distingue: il manico in plexiglas, unito alla pelletteria di qualità, che ha reso riconoscibile il marchio. «Molte persone identificano la borsa proprio come “la Ni-do, quella del cerchio”: era esattamente ciò che volevamo creare».
Il nome, Ni-do, è arrivato con naturalezza. «È una parola italiana che richiama prima di tutto il Made in Italy, e che trasmetteprotezione e sicurezza: la borsa che custodisce i propri oggetti. C’era anche un dettaglio personale: le iniziali coincidono con le nostre».
Scarti che diventano risorse
Fin dall’inizio Domiziana e Nicola hanno deciso che il brand sarebbe stato sostenibile. Provenendo dal mondo del design e della moda, avevano visto da vicino gli sprechi e la sovrapproduzione. «Riutilizziamo tanti materiali di scarto. Non c’è approccio più sostenibile, anche se è complicato», spiegano. Il loro lavoro segue un ritmo che non è quello imposto dal calendario della moda veloce a cui siamo abituati. I colori delle borse cambiano solo in base alla disponibilità delle pelli trovate: quando terminano le scorte di un materiale, ecco che nasce un altro drop limitato con nuove combinazioni. Una scelta che porta con sé difficoltà – i clienti spesso non comprendono subito perché un colore non possa essere riassortito, ammettono – ma ciò si trasforma in un punto di forza: pezzi quasi unici, con un carattere distintivo.

Il pellame arriva dai leftover dei marchi di lusso, ovvero dagli scarti della sovrapproduzione, e tutto è fatto in Italia. I materiali di qualità altissima, spesso destinati a restare inutilizzati nei magazzini delle concerie, possono così essere più accessibili. «Quando si ordinano pelli nuove, i minimi d’ordine sono altissimi. I grandi marchi possono permetterselo, noi no. Ma questa condizione è diventata una risorsa: lavoriamo con materiali che hanno già una storia e li trasformiamo».
Un prodotto di qualità accessibile
Le loro borse sono realizzate anche negli stessi laboratori che producono per Gucci, Prada, Valentino. Questo garantisce un livello di qualità alto, con un prezzo più contenuto grazie all’uso dei pellami leftover. Il lusso diventa così un po’ più accessibile.
Ni-Do non è però solo qualità artigianale, ma anche design riconoscibile. Il manico in plexiglas è pensato per essere particolare e minimal insieme, capace di adattarsi a target diversi in base ai modelli. «La borsa piace alle ragazzine e alle donne adulte, a chi ha uno stile ricercato e a chi predilige la semplicità», spiegano. Non un prodotto solo elegante o solo sportivo, ma un accessorio che si muove tra i due poli.
La parte più costosa è proprio il manico in plexiglas. Ogni pezzo è realizzato a mano, con lavorazioni custom-made che richiedono tempo e ricerca. «C’è tanto studio dietro, e questo è quello che fa la differenza», dicono. Così come a fare la differenza è il calendario di lancio molto misurato. Ni-do lancia un modello all’anno, ma l’obiettivo è arrivare a un modello per stagione (primavera/estate e autunno/inverno). A questo si aggiungono drop limitati, realizzati con pellami particolari reperiti in quantità limitata. «Prima di Natale, ad esempio, creiamo qualche proposta in più per soddisfare chi ci segue», spiegano.
Le collaborazioni con influencer – micro e macro – sono un altro punto chiave della strategia. Domiziana e Nicola lavorano con diverse content creator perché ogni segmento ha il suo valore. Le micro-creator, spiegano, hanno un pubblico affiatato e hanno molta credibilità: dedicano più attenzione ai contenuti e raccontano anche la storia del prodotto. Le influencer più note, dal canto loro, portano visibilità immediata: non spiegano ogni dettaglio, ma il prodotto viene notato semplicemente perché indossato.
Il pop-up a New York
Il brand è nato nel 2019 e ha iniziato a vendere nel 2020, in piena pandemia. Un periodo che ha paradossalmente favorito la crescita: «Molte persone avevano più tempo per dedicarsi a se stesse, e il prodotto è stato notato da diverse influencer che lo hanno mostrato al loro pubblico». Da allora le vendite sono cresciute, sostenute anche dai pop-up in Italia, tra cui il corner alla Rinascente.
Quest’anno per la prima volta ci sarà un passo verso l’estero: il 10 settembre verrà inaugurato un breve pop-up a Soho, a New York. Per cinque giorni Ni-Do sarà presente nella Grande Mela insieme ad altri brand italiani emergenti e sostenibili, grazie a un evento organizzato da un’agenzia americana. Gli Stati Uniti sono la prossima frontiera, quindi: «Abbiamo già richieste da lì, ma finora non spediamo per via dei dazi. Ora il pubblico americano avrà la possibilità di acquistare le nostre borse», dicono i due, in procinto di volare in America. L’obiettivo è aprire l’e-commerce a tutto il mondo, rafforzando la presenza in alcune città strategiche con nuovi pop-up. Non solo a New York: ancora non svelano nulla, ma c’è già in programma un’altra città.
La loro storia, ammettono, suscita molta curiosità. «Spesso ci chiedono come abbiamo fatto a creare tutto questo da zero, senza dietro nessuno. Servono talento e testa, oltre al denaro. Perché l’investimento è importante, non c’è dubbio. Ma soprattutto serve un obiettivo chiaro. Non basta dire “fondo un brand”: bisogna sapere cosa si vuole creare davvero».
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