Neet, le storie dei ragazzi bresciani che non studiano e non lavorano

A 21 anni Massimiliano Aurilia ha già vissuto una piccola rivoluzione personale. Il primo capitolo si apre tra officine e torni: istituto professionale indirizzo metalmeccanico, diploma triennale in tasca, e subito dopo una sequenza di esperienze lavorative brevi, frammentate. «Appena finita la scuola ho iniziato a lavorare – racconta –. I miei avrebbero voluto che continuassi a studiare, ma non li ho ascoltati: pensavo bastasse trovarmi un posto in fabbrica». Ma quel mondo non faceva per lui. «In ogni azienda in cui andavo non duravo più di sei mesi – ricorda –. Arrivava sempre un momento in cui capivo che non era la mia strada».

È in quel momento di incertezza, in cui si sente imbrigliato in una dinamica apparentemente insuperabile, che entra in contatto con Solco, dal quale riceve anche un supporto psicologico. A fargli da guida nel percorso attivato nell’ambito del progetto «.Chance» è un educatore. Ed è proprio parlando con lui che Massimiliano trova una direzione nuova: il sociale. «Mi hanno presentato alla cooperativa Essere e, grazie a loro, ho avuto la possibilità di lavorare in un centro estivo con un bambino disabile – racconta –. È stata la mia prima vera esperienza in questo ambito, ed è stata retribuita. Lì mi sono sentito al posto giusto». Insieme agli operatori ha costruito un percorso su misura, che ha previsto un tirocinio, peraltro da poco concluso, e ora un nuovo impiego in un centro estivo sempre con la stessa cooperativa.
«A settembre tornerò sui libri – annuncia con soddisfazione –. Il mio sogno è lavorare nel sociale a 360 gradi, anche se per farlo servono studio e competenze. Voglio andare all’università, anche perché senza titoli specifici non posso fare alcunché in questo campo». Massimiliano è stato il primo ragazzo preso in carico dal progetto «.Chance» e il primo ad arrivare fino in fondo. Dopo un orientamento scolastico sbagliato, ha cambiato rotta e ha bruciato le tappe. Ora punta dritto all’università. «Ho capito che aiutare gli altri è ciò che voglio fare – conferma Massimiliano –. Questa è la mia strada».
Ousema Z’Gueb
Ousema Z’Gueb non è un neet come molti altri. Nato in Italia, cresciuto a Coccaglio, la sua esclusione da studio e lavoro non nasce da svogliatezza o da mancanza di stimoli ma da una serie di eventi difficili, tra cui problemi giudiziari e una condizione abitativa instabile. «Quando mio padre se n’è andato io, mia madre e mio fratello siamo stati sfrattati e per un periodo me la sono dovuta cavare da solo – racconta –. Vivevo a Chiari, ma anche lì, per un problema con la proprietaria, sono dovuto andare via». Inizia così un peregrinare tra case di parenti in Emilia e ritorni a Brescia, mentre il fratello rimane a Ravenna.
Una notifica in caserma cambia tutto: per un precedente con la legge Ousema scopre che non può più uscire da Chiari, ma qui non ha neppure un tetto dove dormire, quindi lo ospita un amico. Di lì a poco gli arriva una chiamata dall’avvocato che cambia il corso della sua vita: dovrà entrare in carcere. «Lì mi sono attivato subito: ho pensato a un educatore che mi conosceva da ragazzino – ricorda –. Mi ha indirizzato alla cooperativa Essere e, dopo un colloquio, mi hanno confermato che mi avrebbero preso in carico». Grazie alla cooperativa Ousema inizia uno stage, torna a studiare e trova un alloggio. Ma le grane con la legge tornano nella sua vita. «Dopo un mese mi è arrivata un'altra notifica, che confermava che sarei dovuto entrare in carcere – spiega –. Sono entrato il 16 aprile 2024 e ne sono uscito il 10 dicembre».

In quei mesi bui ha lavorato molto su di sé: «Avevo forza, speranza e mi sono detto: quando esco, riparto». E così è stato. Una volta scontata la pena, da novembre è tornato a lavorare in cooperativa seguito da un assistente e frequenta i corsi serali. A settembre tornerà regolarmente a scuola. «Vorrei orientarmi su un percorso grafico: mi è sempre piaciuto molto questo settore» dice. Il suo è un cambiamento reso possibile grazie a chi ha creduto in lui, e con cui oggi sta costruendo un nuovo progetto di vita che lo indirizzerà verso un futuro diverso.
Ayache Merah
Ayache Merah ha 21 anni e alle spalle un pezzo di scuola lasciato in sospeso. La quarta superiore, interrotta per motivi personali, sembrava segnare la fine di un percorso e l’inizio di un limbo. Uno di quelli in cui è facile restare fermi: niente scuola, niente lavoro. E l’inerzia che avanza fino a diventare un ostacolo apparentemente insormontabile. Ayache è stato uno dei tanti ragazzi etichettati come «Neet», acronimo che sta per «Not in education, employment or training».
Ma non si è arreso e ha trovato qualcuno disposto a credere nel suo futuro insieme a lui. Il primo contatto è nato da un progetto europeo, nel quale era coinvolto il consorzio di cooperative Solco, il cui obiettivo era accompagnare giovani come lui verso una nuova partenza. «Solco ci ha segnalato Ayache e in lui abbiamo subito visto delle potenzialità. Da lì è iniziato tutto» racconta Filippo Abrami, referente del progetto «.Change» per la cooperativa Essere. All’inizio Ayache aveva in mente un solo obiettivo: tornare sui banchi di scuola.

Ma il team del progetto ha voluto offrirgli qualcosa in più: un’esperienza di tirocinio per mettersi alla prova, testare le sue capacità, esplorare nuove strade. «L’inserimento lavorativo è stato pensato come una palestra di vita – spiega Abrami – e sta andando molto bene». Oggi Ayache lavora in un centro di aggregazione per ragazzi grazie a un progetto promosso da una cooperativa attiva nel settore del tempo libero. Parallelamente ha ripreso gli studi al serale dell’istituto Sraffa, indirizzo Servizi socio-sanitari, con l’obiettivo di intraprendere in futuro la professione educativa.
«L’esperienza lavorativa mi ha aiutato a capire chi voglio essere – racconta Ayache –. Stare con i bambini, contribuire al loro percorso, mi ha fatto riscoprire il valore dell’educazione, anche per me stesso». Nel suo cammino scuola e lavoro non sono tappe distinte ma pezzi dello stesso puzzle. Le due dimensioni si intrecciano e si sostengono a vicenda. Per Ayache quel percorso oggi ha il volto di una nuova fiducia in se stesso e nelle possibilità che il futuro può ancora offrirgli.
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