«Lavori a mille, ma per i colleghi resti quella del part time»

Elisa ha due bambini, ha sempre amato il suo lavoro ma ha deciso che non voleva sottrarre tempo all’infanzia dei suoi figli. Si scontra però con i pregiudizi degli altri
Una mamma dà da mangiare alla figlia - Foto Unsplash
Una mamma dà da mangiare alla figlia - Foto Unsplash
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Avrei potuto continuare a lavorare a tempo pieno? È l’interrogativo che perseguita le madri che hanno scelto di ridurre il proprio orario di lavoro, togliendo giorni alla professione per concentrare maggiori attenzioni sui figli. «È la domanda che mi sono posta spesso anch’io, soprattutto quando di figli ne avevo uno solo. E la risposta, inevitabilmente, era che probabilmente sì». Così ci racconta Elisa per la Giornata internazionale della donna, cui dedichiamo un approfondimento su donne e lavoro.

«Sarebbe bastato prolungare ulteriormente l’orario del nido, reperire una baby sitter affidabile (voi provateci, che poi ne riparliamo), assoldare i nonni il resto del tempo e fare gli scongiuri per far reggere il castello di incastri – prosegue –. Migliaia di madri, da che mondo è mondo, praticano con perizia l’arte del giocoliere, assicurando l’equilibrio aereo degli impegni che casa e prole comportano. Mi sono sempre detta che se non avessi avuto orari così orientati al tardo pomeriggio e sera (o il carico non trascurabile di weekend così spesso impegnati) non ci avrei pensato due volte. Il mio lavoro mi è sempre piaciuto e la realizzazione professionale è sempre stata sul podio degli obiettivi da raggiungere. Finché ho scoperto che fare la mamma era la cosa che mi piaceva di più. O meglio, mi sono resa conto che le ore dedicate al lavoro per me non valevano quelle sottratte all’infanzia dei miei bimbi. Non è un giudizio universale o una verità assoluta: ogni madre fa la madre a modo suo. Non c’è giusto o sbagliato. Soprattutto se si tratta di una scelta e non un’imposizione».

Dice ancora Elisa: «Nel mio caso la carriera ha fatto i conti col bisogno di veder crescere le creature che ho messo al mondo, portandomi a rinunciare ad essere una professionista a tempo pieno. Almeno per un po’. Ho avuto la fortuna di poterlo fare e non per tutte le donne è così. Eppure, nonostante sia stata una scelta convinta, non è sempre facile portarla avanti a testa alta. In un mondo del lavoro spesso a misura di maschio il part time è visto come una diminutio. E in un universo produttivo orientato alla carriera la decisione di sottrarsi alla corsa alla promozione viene spesso ridicolizzata, è soggetta a critiche e viene costantemente messa in discussione».

Così «diventi quella col part time». «E poco conta se anche il tuo stipendio è parametrato all’orario di lavoro e non lo stai rubando – racconta –. Diventi quella col part time, che prometteva bene ma ha mollato. Anche quando dai il mille per cento quando sei fra i colleghi e il mille per cento quando sei a casa. Resti quella col part time. Fa nulla se a dirlo col sogghigno sono soprattutto quelli con la moglie a casa, che ha chiesto il part time perché sennò coi figli non saprebbe proprio come fare».

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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