«Con due figli ricoverati in ospedale mi sono sentita come in famiglia»

Per mamma Marianna vivere tra le mura del reparto pediatrico di Trapianto del midollo osseo del Civile (al quale saranno destinati i fondi derivanti dalla GdB Run di domenica 8 giugno) è stato «come ritrovarsi una nuova famiglia all’improvviso. Una famiglia senza distinzioni di pelle, estrazione sociale o lingua. Una famiglia in cui se un bambino sta male tutti sono in pensiero per lui. Una famiglia composta da altri genitori, alle prese con la stessa esperienza, ma anche da dottori, infermieri, operatori socio-sanitari.
Persone dotate di umanità e professionalità capaci di far passare in secondo piano l’aspetto un po’ vecchiotto degli ambienti». Mamma Marianna quel reparto lo conosce molto bene: a pochi mesi di distanza due dei suoi tre figli (il grande Filippo, che ora ha 9 anni e il piccolo Giovanni, 5) sono stati ricoverati in «Tmo» una quarantina di giorni ciascuno. Per via di una malattia genetica rara definita con la sigla XLP hanno subìto un trapianto di cellule staminali. E ora stanno bene: «A Natale - racconta - siamo tornati ad essere una famiglia, la nostra famiglia. E, dopo più di un anno d’assenza, in aprile Filippo è pure rientrato a scuola».
La scoperta
Lei originaria della Puglia, lui romano, Marianna e il marito hanno trovato casa a Bergamo dopo un periodo vissuto in Francia. «La nostra vita - spiega la donna - è cambiata quando il bambino più grande, in seconda elementare, ha iniziato a soffrire di polmoniti ricorrenti».
Al Civile sono arrivati per sondare un sospetto di fibrosi cistica: «Qui, grazie al prof. Raffaele Badolato e alla dottoressa Laura Dotta, abbiamo scoperto che in realtà mio figlio presenta una mutazione genetica del cromosoma X che gli ho trasmesso io». Individuata la malattia anche gli altri due figli sono stati sottoposti a un test genetico dal quale è emerso che il più piccolo aveva lo stesso problema seppur non manifestasse alcun segno della malattia.
La degenza
«In questi casi l’unica terapia è il trapianto. Il primo passo è stato verificare la compatibilità dell’altro fratello. Esclusa questa strada, ci siamo affidati alla banca mondiale dei donatori». In aprile Filippo è entrato nel reparto diretto dal dottor Fulvio Porta e a fine agosto è toccato a Giovanni.
«Inizialmente è stato un choc - ammette la mamma -: avevo bisogno di capire cosa sarebbe successo. Il personale mi è stato vicino. Mi sono sentita compresa, accolta. Conservo un ricordo positivo di tutti: hanno condiviso con noi un pezzo importante di vita. Fondamentale, poi, è stato il supporto dell’Associazione Bambino Emopatico che, tra le altre cose, ci ha trovato una sistemazione in zona dopo la degenza». Il nonno dei due bambini è un chirurgo: «Quando ha saputo della malattia ha chiesto informazioni a chiunque. La risposta è sempre stata che il "Tmo" di Brescia è un’eccellenza e che qui saremmo stati in buone mani. Così è andata davvero».
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