Dall’Everest al Guglielmo: lo stupore di un vero sherpa nepalese

Chi c’era non ci credeva. Che ci fa in Guglielmo, davanti al Redentore con le braccia spalancate verso il cielo, uno sherpa nepalese con al suo attivo, come guida, la salita (e il ritorno a casa) di 21 ottomila himalayani e la partecipazione a oltre 40 spedizioni? Semplice: era in vacanza, ospite di Matteo Bonalumi, bresciano, commercialista di professione alpinista per passione. Dawa e Matteo si erano conosciuti quando l’alpinista bresciano decise di salire con successo il Dhaulagiri (8167 m.) e il Broad Peak (8047 m. detto anche K3) e Dawa era una guida di Seven Summits, agenzia che organizza le spedizioni in Himalaya.
Uno sherpa sul Guglielmo è paragonabile a un pilota di F1 su un’auto a pedali, ma la vita talvolta crea anche queste piacevoli situazioni e così Dawa Sherpa (Sherpa in questo caso non è un titolo e nel caso di Dawa è il cognome, così come è anche il nome di un popolo originario del Tibet) è venuto a farsi una passeggiata sulla montagna dei bresciani, scoprendo prima di incamminarsi verso la vetta il bosco degli gnomi, scolpiti da «il rosso» Luigi Zatti sul sentiero che da Zone risale il versante della montagna che si affaccia sul lago d’Iseo.
A sir Dawa, sposato con un figlio e un secondo in arrivo, l’amico Matteo ha fatto scoprire un mondo sconosciuto che mai avrebbe immaginato: non aveva mai visto un treno perché in Nepal (1124 dollari di reddito medio all’anno in un paese in cui trekking e spedizioni sono una delle entrate principali) non ci sono linee ferroviarie; è rimasto incredulo dinanzi alla metropolitana della nostra città; non aveva mai visto l’Occidente opulento e neppure l’ordine (non sempre) che regola il nostro traffico, considerato che a Kathmandu l’unica regola che comanda è il… clacson, vero codice della strada simultaneo per bus, automobili, risciò, scooter e – ultimi - i pedoni che il clacson non ce l’hanno.
Emozioni nuove
Nel soggiorno italiano Dawa ha scoperto il lago di Garda e Sirmione, ha visto alle Cinque Terre per la prima volta il mare, innamorandosi del rumore delle onde «al punto che – racconta Matteo Bonalumi – non voleva più andare a dormire incantato dal paesaggio e dalla musica dell’acqua sugli scogli».
Sabato pomeriggio, infine, la guida nepalese è stata ospite al teatro Grande, dove ha assistito a «Pensieri verticali» con un posto nelle prime file. Del resto, se un posto riservato non lo si offre ad una guida che ha salito quattro volte l’Everest a chi lo si deve? A noi, come a tutti, Dawa si è presentato con la mano sul cuore e un inchino fatto seguire da un «Namaste sir», svelando la sua ammirazione per quanto lo circondava nel teatro cittadino e la sua riconoscenza verso Matteo che l’ha invitato a Brescia, tra non poche difficoltà da superare per consentirgli un espatrio regolare con procedure complesse tra cui una fidejussione bancaria (ovviamente in una banca di Kathmandu).
Nel diario di Matteo Bonalumi sul libro «Annapurna» si legge: «La nostra amicizia è granitica e salda come la roccia di queste parete colossali» e questo lo si percepisce. Aggiungiamo noi: salda come la fiducia che sulle montagne himalayane ha legato la corda di uno all’altro, con Matteo che arrivava da una società sempre più aggressiva e Dawa da un mondo in cui calma e gentilezza regolano i rapporti tra le persone e nel quale il nervosismo non è pervenuto.
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato
@News in 5 minuti
A sera il riassunto della giornata: i fatti principali, le novità per restare aggiornati.
