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In Benin il calcio salva e riscatta nel nome di Mario Rigamonti

Erika Rigamonti, nipote del bresciano del Grande Torino, sostiene la Dream Educfoot Academy: i ragazzi inseguono il sogno di diventare professionisti, per le ragazze è anche una chance per prevenire matrimoni e gravidanze precoci
Erika Rigamonti, sorridente, con quattro bimbi del Benin - © www.giornaledibrescia.it
Erika Rigamonti, sorridente, con quattro bimbi del Benin - © www.giornaledibrescia.it
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È la figlia di Pierpaolo. «Ma in famiglia mi hanno sempre fatto notare quanto, dal punto di vista del carattere, somigliassi allo zio Mario», racconta Erika Rigamonti, 53 anni, di Parma: scrittrice, buyer (compra beni e servizi, si occupa di gare d’appalto), filantropa. Lo zio Mario è proprio «quel» Mario Rigamonti, giocatore bresciano del Grande Torino, morto tragicamente nella tragedia di Superga nel 1949, a 26 anni. A lui - come è noto - è stato dedicato lo stadio di Mompiano, ma pure quello di Lecco.

In Africa

I giovani ragazzi del Benin vanno a caccia del professionismo
I giovani ragazzi del Benin vanno a caccia del professionismo

Con ogni probabilità, presto una targa con il suo nome, il suo volto e la sua storia (in francese) verrà posizionata a Grand-Popo, in Benin, Africa occidentale, nel centro sportivo che ospita il progetto Dream Educfoot Academy. Si tratta di una sorta di vivaio in cui confluiscono i giovani calciatori più promettenti della zona, che possono fruire di una buona formazione sportiva, di una foresteria e di tutto ciò che può servire per far fruttare i propri talenti, col sogno di diventare professionisti nel mondo. Magari anche in Italia.

Erika Rigamonti conosce l’Africa anni fa, attraverso i viaggi. «Prima il Madagascar, poi il Mozambico, infine il Benin - racconta -. Qui, l’incontro con l’associazione Ensemble pour Grandir e con Justine, che la presiede». È una casa famiglia. Protegge giovani madri e i loro figli. L’incontro cambia la vita della donna emiliana (le origini sono ovviamente capriolesi, ma il padre Pierpaolo ha vissuto a Parma tutta la vita, la madre di Erika è della città ducale, e lei è nata lì). «Si sente parlare di mal d’Africa - commenta -. Non è un’invenzione. So cos’è, lo sperimento sulla mia pelle. Lo vivo. Almeno due volte all’anno devo tornare».

Autonomia

Anche perché, di fatto, dal 2009 a oggi, Rigamonti dedica grandissima parte della propria vita e del proprio impegno a una serie di progetti umanitari (presiede, in Italia, l’Odv Solidarietà Pace e Sviluppo). Gli ultimi riguardano proprio il sostegno alla Dream Educfoot Academy e, soprattutto, al neonato gruppo di apprendiste calciatrici che si è formato parallelamente al vivaio maschile.

La squadra femminile delle «apprendiste»
La squadra femminile delle «apprendiste»

Gli obiettivi sono diversi. Per gli aspiranti calciatori (dagli 8 ai 18 anni) si tratta - appunto - di perseguire il sogno di diventare «pro». «Per le ragazze la questione è diversa - spiega Erika -. Lo sport è una chance per prevenire matrimoni e gravidanze precoci. In Benin l’età media per il primo parto è di 14 anni. Sono bambine che danno alla luce bambini. All’interno dell’associazione Ensemble pour Grandir le ragazze imparano ad autodeterminarsi. Mediamente, danno alla luce il primogenito tra i 18 e i 20 anni». Il tutto, nell’ottica di un progetto caratterizzato da una filosofia ben precisa: «Dare lavoro alle mamme, mandare i bambini a scuola, offrire alloggi e generare unità produttive - spiega la scrittrice -. Sosteniamo una formazione in grado di dare autonomia».

Nel nome di Mario

L’intervento in supporto all’Academy e alle ragazze («che, al momento, non sono tanto brave e si allenano su un campo in sabbia e, sono certa, presto miglioreranno») è e sarà nel nome di Mario Rigamonti. Di qui il desiderio di portare una targa nel centro sportivo. «Mi piacerebbe che i ragazzi lo potessero pensare appena si svegliano la mattina», afferma Erika.

Che, si diceva, è scrittrice. I proventi dei libri che pubblica finiscono tutti nei progetti in Africa. Il suo «Batulè», raccolta di racconti che - di fatto - rielabora e narra il proprio incontro con il Benin, le sue storie e la sua cultura, verrà presentato a Brescia il prossimo 25 settembre (a parte i dettagli). «I libri mi hanno aiutata - racconta -. Una volta ci abbiamo comprato un cancello. L’altra volta abbiamo messo a posto le tubature. Anni fa, in un periodo di "magra" dal punto di vista economico, ci diede una bella mano il mio secondo romanzo, "Binario 7"». Tanto per i libri quanto per i racconti, parliamo di testi che sono stati premiati e che hanno pure raggiunto il teatro.

Ovviamente, però, le parole scritte e stampate non bastano. Servono le donazioni. Per ogni informazione: infospsonlus@gmail.com, lasusso@erikarigamonti.it.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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