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Pep Guardiola compie 50 anni

Nato il 18 gennaio 1971, ha vinto tanto sia da giocatore, sia da allenatore, portando avanti un'idea di calcio innovativa e spettacolare
  • Pep Guardiola
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Un visionario prima in campo e poi in panchina, cresciuto alla scuola di Johann Cruyff. Pep Guardiola si appresta a tagliare lunedì 18 gennaio il traguardo dei 50 anni, ma la sua impronta nella storia del calcio l'ha impressa già da tempo. 

A differenza di altri due innovatori come Rinus Michels e Arrigo Sacchi, l'uomo che arriva da Santpedor ha alle spalle una gloriosa carriera da calciatore, spesa quasi interamente nella veste di direttore d'orchestra del Barcellona versione Dream Team, allenato da Cruyff: Pep non è velocissimo con i piedi ma lo è con la testa, merito di una visione di gioco che ne fa il centrocampista ideale per lo stile di gioco importato dall'olandese e che gli permetterà, nella sua lunga militanza in blaugrana, di vincere tutto o quasi (sei successi nella Liga, una Coppa dei Campioni e una Coppa delle Coppe i titoli più importanti), anche se gli manchera' la consacrazione in nazionale pur togliendosi la soddisfazione di uno storico oro olimpico a Barcellona '92. 

Dopo una vita nella Ciudad Condal ecco l'Italia, nel Brescia dove brilla il genio di Roberto Baggio e sotto la sapiente guida di Carletto Mazzone, tecnico al quale resterà legato tanto da invitarlo all'Olimpico per la finale di Champions del 2009, la prima vinta da allenatore.

Ed è proprio questo secondo capitolo della sua vita a rendere Guardiola un'icona del calcio del 2000, tanto da meritarsi il recente premio di Allenatore del secolo ai Globe Soccer Awards. Appese le scarpette al chiodo dopo le ultime esperienze in Qatar e Messico, Pep decide di mettere in pratica gli insegnamenti di tutta la sua carriera, con tanto di leggendaria conversazione con Marcelo Bielsa (si racconta che i due parlarono per 11 ore...). E quale miglior ambiente di Barcellona per cominciare? A 36 anni gli viene affidata la seconda squadra, ma basta una sola stagione per convincere i vertici del club a scommettere su di lui. 

Guardiola propone un calcio che va oltre Cruyff, fatto di pressing alto, possesso palla, passaggi a due tocchi, in cui non esita a lanciare i giovani della Masia e proporre il «falso nueve». «Noi non abbiamo bisogno di un centravanti: il nostro centravanti è lo spazio», è una delle sue frasi più celebri. E così non esita a congedare campioni come Ronaldinho e Deco per portare avanti la sua idea di gioco, dove si esalta un giovane Leo Messi. Non solo arrivano i risultati, ma quel Barcellona diventerà una delle squadre più spettacolari e dominanti di sempre, inaugurando l'era del tiki-taka.

«L'obiettivo è muovere l'avversario, non la palla», è il motto di Guardiola, che andrà a predicare le sue idee con altrettanto successo anche al Bayern Monaco e al Manchester City, con l'unico neo rappresentata dalla Champions, vinta per due volte, ma sempre col Barça. Negli anni Pep e il guardiolismo si evolveranno verso un calcio più verticale ma sempre d'avanguardia, dove non conta solo vincere ma anche il come. 

Al di là dei duelli verbali con Mourinho - contro il quale si ritroverà a giocare una finale nella Coppa di Lega inglese - o dei litigi con Ibra e Raiola, guardando oltre le sue posizioni indipendentiste sulla Catalogna mal digerite in Spagna, alla soglia del suo cinquantesimo compleanno l'uomo di Santpedor può rivendicare con orgoglio come quelle stimmate da predestinato non fossero un abbaglio, anzi. Il calcio sfoggiato dalle sue squadre continua a incantare come il primo giorno, e chissà che a Manchester la sua strada non torni a incrociare quella di Messi per scrivere altre pagine di storia, sempre col garbo e la classe di un allenatore unico e di cui si continuerà a parlare negli anni a venire.  

 

 

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