L’Union Brescia per la conferma con filotto: col Renate è caccia al tris

Tra palco e realtà ci siamo lasciati alle spalle una settimana con un 5-0 da standing ovation e uno spettacolino da sottoscala e da fischi. Un po’ di grande bellezza - quella dipinta tra campo ed entusiasmo tutto intorno dall’Union Brescia - un po’ di quel grande fardello che sono le scorie tossiche del cellinismo. Che ancora provocano effetti indesiderati come rabbia e sdegno, ma che rappresentano anche un irresistibile richiamo a partecipare alla grande operazione di risveglio della coscienza dei bresciani, non calciofili compresi.
Grideremmo al miracolo, non fosse che così scenderemmo proprio al livello di quel sottoscala in cui si professa la religione dei deboli: quella della scaramanzia all’ennesima potenza, per giunta inopportunamente accostata a immagini sacre.
È ben più appagante pensarsi come la nemesi di un ex presidente nei confronti del quale dobbiamo tutti imparare ad applicare l’arte del lasciare andare. Scivolando sempre più verso l’indifferenza che è l’unica arma con la quale neutralizzare Massimo Cellino e i suoi pensieri verso i bresciani. Solo quel giorno, quello in cui riusciremo a dirci in tempo reale che «chi tiene il sospetto tiene il difetto» saremo liberi davvero.
Meglio non perdere tempo e iniziare subito e cercare di volare più alti: possibilmente sempre su un palco. E pazienza se i teatri nei quali misurarsi sono quelli della provincia estrema: per diventare - o confermarsi - grandi gavetta e umiltà devono essere pane quotidiano. Oggi per l’Union Brescia c’è da esibirsi al «Città di Meda», stadio da 2.500 posti e campo stretto: un contesto che definire minimal è persino riduttivo. Idealmente, visto che quando si gioca al Rigamonti si riesce a non pensare che la categoria di pertinenza è quella della terza serie e visto che la prima trasferta a Trento è stata in un impianto adeguato, è come se quello in programma oggi fosse il vero «benvenuti in serie C». Da approcciare sulle ali della «manita» alla Pro Vercelli, ma con in testa - pronte da snocciolare - le lezioni imparate tra l’harakiri con l’Arzignano e le sofferenze, pur nella vittoria al «Briamasco.
Passaggi
Dalla prima alla terza per i Diana boys è stato un crescendo, ma rimirarsi solo in questa crescita senza continuare a buttare un occhio a ciò che si può migliorare o ai pregi degli altri da smorzare, sarebbe un grave errore. Oggi, intanto, c’è da mettersi in modalità battaglia che è quella che promette un Renate, peraltro a specchio, più simile all’Arzignano che non a Trento e Pro Vercelli: ogni spazio trovato contro la squadra allenata da un navigato quale Foschi sarà una conquista fisica e tattica, in ogni fessura andrà immaginato di aprire un varco nella quale infilare un po’ di quella qualità che il Brescia ha nei suoi singoli che possono trovare l’episodio, ma anche nelle sue trame. In più c’è la forza di oltre 1000 (a ieri erano 1009 i biglietti venduti, praticamente tutti ai bresciani, ai quali vanno aggiunti circa 130 accreditati sempre tra ospiti e addetti ai lavori) sugli spalti. Terminato l’elenco di trappole e avvisi è però indubbio che oggi ci si aspetti da parte di Balestrero & C una prova che sia di consolidamento di un percorso da due vittorie di fila e due partite senza prendere gol: è caccia al tris. Per far coincidere palco e realtà, dimenticando i sottoscala.
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
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