Brescia riconquista il Palacio: vittoria che vale il primo posto
L’attesa del piacere non era stata essa stessa piacere. Ma aspettare sei partite e 109 giorni è valsa tutta la pena di questo mondo: la vittoria più bella del Brescia con la prestazione più bella. Senza se e senza ma. La vittoria più bella con la prestazione più bella: un’equazione da primo posto in solitaria. L’attimo di un quadro degli altri risultati favorevole, stavolta è stato colto e impacchettato con fiocco. Anzi: con standing ovation. Come quella che è stata riservata a Rodrigo Palacio. Quarantenne a chi? Per lui, una doppietta. E il bello è che non è stato nemmeno tutto lì: roba per fuoriclasse allo stato puro la partita dell’argentino. Che poi, proprio lui, il «Trenza» della discordia Inzaghi-Cellino, a togliere il tappo della pesantezza degli oltre 100 giorni senza vittorie in casa.
La liberazione
Anche per lo stesso Inzaghi, per il quale erano stati nuovamente giorni per nulla facili, infarciti di pressione allo stato puro. Semmai Cellino stesse davvero cercando ancora risposte, ieri non può non averne trovate e annotate: squadra e allenatore sono all’unisono. Non solo possiamo, ma dobbiamo e vogliamo dirlo: quella di ieri contro l’Ascoli è stata anche, o soprattutto, la partita dell’allenatore che tutto quello che aveva accumulato in testa, corpo e anima, lo ha tirato fuori sotto forma di una partita impeccabile sotto tutti i punti di vista: ha avuto in cambio, e regalato a chi era spettatore, il miglior Brescia della stagione. Bello e propositivo come quello di inizio stagione, ma con in più una fase difensiva solidissima. Davvero, non solo vittoria: con l’Ascoli («dal Brescia una lezione» ha twittato patròn Pulcinelli mentre il suo ds Valentini a sorpresa diceva: «tra noi e loro non ho visto tanta differenza») c’è stato molto di più. È «ricomparso» il gioco, che alla luce ha riportato tutta la qualità. Si è rivista l’imprevedibilità, la palla è tornata a viaggiare via terra. E poi l’atteggiamento: famelico, da incontentabili. Pressing alto e furibondo. Il tutto, racchiuso nella cornice di una squadra che da tempo non vedevamo con spensierata, con la voglia anche di divertirsi: tutti si cercavano, tutti si trovavano. Sempre al posto giusto e al momento giusto. In particolar modo in mezzo al campo: è soprattutto lì che il Brescia l’ha vinta creando sempre la superiorità.
La cronaca
L’Ascoli, che oltretutto non si è presentato benissimo - era sgonfio - non ci ha mai capito nulla di quel modulo che ci viene bene definire come un «4-1-fantasia» (a tratti un 4-3-1-2, a tratti un 4-1-4-1, a tratti un 4-2-3-1 per approdare a un 4-3-3) con Léris (wow) e Palacio larghi in fascia (ma Rodrigo aveva licenza di fare un po’ quel che gli pareva su tutto il fronte), Jagiello nello stretto e Bisoli che spuntava da ogni dove più Bajic a fare il lavoro sporco a tenere su una squadra che tanto per cominciare s’è presentata con un baricentro più alto di 20 metri rispetto alle abitudini casalinghe. Però ecco, da qui - proprio per aggiungere meriti a Inzaghi - occorre fare un onesto passo indietro e tornare alle reazioni generali di fronte alla lettura di una formazione iniziale priva dell’uomo del momento, Tramoni, di Moreo e Bertagnoli per far posto a uomini come Jagiello o Bajic che nelle ultime uscite avevano mal impressionato: i mah e i boh galleggiavano nell’aria. Aveva ragione Inzaghi con la sua rivoluzione sostenuta in corsa da cambi tutti oculati e che non hanno mai intaccato la «suonata»: fino alla fine il Brescia non ha lasciamo un osso agli avversari. Ed era la quinta partita in 19 giorni. Partenza a mille e vantaggio già al 19’ con il primo gran gol di Palacio che apre e chiude l’azione con la collaborazione fattiva di Bisoli che lo pesca abilmente per liberarlo al diagonale. C’è bisogno di un check del Var: gli abbracci di gioia sono regolari e Palacio non festeggiava un suo gol da tre mesi. Anche per lui l’attesa è valsa la pena grazie al bis al 7’ della ripresa: deviazione da pochi metri su corner di Jagiello e sponda di testa di Cistana. In mezzo, tra un tempo e l’altro, tanti sprechi in occasioni per arrotondare (poteva finire 4-0...) e pure una comparsata dell’Ascoli quando eravamo ancora «colpevolmente» solo sull’1-0: c’è voluto un gran Joronen su sventolona dalla lunga di Falasco. Che dire? Solo grazie: ce n’era bisogno. Una prestazione, una vittoria e un primato come un messaggio.
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