Brescia, il pari allontana la serie A e avvicina la bufera

Seconda sconfitta consecutiva. Che poi in realtà sono due pareggi consecutivi: ma fa lo stesso, è uguale. C’era una volta il Brescia. E adesso non c’è più. Il Brescia che man mano insieme ai punti, ha finito per lasciare lungo la strada - è la cosa più grave - anche il carattere e la motivazione feroce.
E di conseguenza, pure la fortuna (palo di Tramoni un secondo prima del triplice fischio) che era stato spesso capace di meritarsi. E adesso può scatenarsi una nuova bufera Pippo Inzaghi è a rischio e la sensazione è che, almeno per ora, solo la clausola anti esonero lo tenga a galla (ne parliamo due pagine più in là).
C’era una volta una strada direttissima verso la serie A: c’è adesso un sanguinoso -4, per un triste quinto posto, quando da giocare restano sette partite. Che fanno dire che nulla è impossibile anche perché ci sono gli scontri diretti da disputare. Ma sinceramente, come si può pensare che il Brescia che non è stato capace di battere l’ultimissimo e piccolissimo e modestissimo e imbottitissimo di ragazzotti Pordenone, possa essere capace di cucinare un’impresa?
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È stata imboccata una strada molto brutta con un trend inequivocabile: tre punti nelle ultime 4 partite, in un segmento che all’andata ne portò invece 10. Per quello che abbiamo visto, o non visto ieri, viene quasi pià voglia di guardare dietro che davanti e per fortuna che il margine sul nono posto è di 8 punti...
Ma non è stato un tonfo, semmai un abbassamento di quota e di livello costanti, quasi senza accorgersi, in anestesia.
Perché il Brescia non va nemmeno più a una velocità di crociera: è decisamente in folle. Quel che temevamo, è accaduto: il pareggio con il Benevento ha lasciato strascichi. A Lignano si è vista una squadra che ha girato a vuoto, arrotata sui propri difetti e senza mai avere la forza di fare appello ai propri pregi.

E si è visto un allenatore altrettanto avvitato su stesso che ha scelto di andare a giocarsi una partita che era da vincere a tutti i costi, in casa della squadra che vanta tutti i record negativi della categoria, con tre centrali di difesa e due terzini - Sabelli e Pajac- come esterni. Con i tre centrali che sono rimasti in campo fino al 37’ della ripresa (i peggiori 45’ del campionato) di una partita nella quale il Brescia si è lasciato andare al primo «grattino» del Pordenone.
Che è andato anche a tanto così dal colpaccio visto che una volta ripreso il risultato dopo il gol di Ayé, (nato da una rimessa al 14’) grazie a Cambiaghi (l’unico che andava tenuto d’occhio, l’unico che non è stato tenuto d’occhio), Lovisa in chiusura di primo tempo s’è procurato anche un calcio di rigore per un pestone (rivisto al Var) di Tramoni: ci ha pensato Joronen ha neutralizzare la conclusione del figlio del patron del Pordenone.
Joronen che pure non era stato impeccabile sull’1-1 a chiusura di una catena di errori individuali nella quale, da azione nata da un lancio lungo (Mangraviti si alza in ritardo), ha spiccato più di altri la mancanza da film horror di Pajac nell’uno contro uno con Cambiaghi. Un altro gol evitabile, come quelli incassati col Benevento e come quelli costati ancor più cari a Cremona.
Ma ancora una volta, più sugli innegabili errori, il focus finisce dritto dritto sull’interpretazione della partita sotto ogni punto di vista: tattico, tecnico e mentale. Persino Inzaghi sembrava diverso dal solito: in panchina non c’era l’allenatore scatenato di sempre, ma una versione molto più compassata. Come il suo Brescia che pure era partito bene, anche brillante, ma che non ha saputo mettere la partita in ghiaccio come pure il predominio insindacabile lasciava intendere.
Solo che via via un Brescia più attento a qualche esercizio di stile e a giocare al gatto col topo ha abbassato i ritmi ritrovandosi nell’incubo del pareggio e del rigore sventato. Sberle buone - insieme alla contestazione («tirate fuori gli attributi») dei 600 da Brescia - per dare una scossa. Sì, ma al contrario: nella ripresa in campo s’è presentato un Brescia piattissimo (solo Bisoli sembrava rendersi conto di quel che stava accadendo: è stato l’ultimo a smettere di combattere) per nulla reattivo al pari dell’allenatore con i primi cambi, ruolo per ruolo, solo al 17’.
E occasioni? Una con Tramoni (una chance anche nel primo tempo) a fil di palo con opportunità nata ancora da una rimessa e poi più nulla fino al palo al 93’. Palo sul quale rischiano di rimanere impressi i rimpianti di una stagione che non si sa ora che direzione potrà prendere.
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
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