Attorno al Brescia non c’è un sistema: Cellino e la città assenti

Un Brescia in bilico tra tutti i suoi «vorrei». Sul filo di una classifica sempre più corta, a metà di una strada sulla quale occorre camminare come se fosse disseminata di uova. Ancora e ancora e ancora. Non se ne esce. E sempre più difficilmente si uscirà da una realtà in cui la prospettiva è sbarcare il lunario. Ci sono alcuni giorni buoni, altri meno, altri troppo complicati: nella speranza che poi alla fine dell’annata comunque i conti raccontino di una sopravvivenza.
Futuro
Ed è questa – di sopravvivenza – la dimensione del Brescia. Fino a quando accettabile? Perché dover pensare sempre e solo a resistere, sfibra e consuma. Alla lunga spegne. E la spia del Brescia è accesa ormai da un pezzo. Senza che nessuno sappia come e dove provare a mettere mano. O, peggio ancora, senza che nessuno voglia provare a farlo. C’è un presente ancora da portare a casa e senza la messa in sicurezza sportiva del presente non c’è futuro a prescindere. Ma allo stesso tempo, senza un orizzonte diventa assai difficile anche tirare dritto nel presente.
Il presidente
Il Brescia non ha solo un problema di classifica. O di infortuni. Magari. Intanto, c’è un presidente che non ha più voglia di investire e di tentare un vero rilancio. Il messaggio era contenuto nel mercato di gennaio: zero investimenti e lancio dei giovani di proprietà. Che verosimilmente saranno la base di ripartenza di una prossima stagione (a patto di salvare questa) che non promette niente di buono.

Se non interverranno fattori diversi. Ovvero, se non si verificherà un cambio di proprietà che adesso però non è all’orizzonte sebbene Cellino non manchi, su più tavoli, di manifestare l’intenzione di passare la mano. Fino a non far mancare la provocazione di consegnare le chiavi al sindaco.
Momento
Davvero non c’è nessuno? O qualcuno potrebbe farsi avanti, ma è una questione di richieste troppo alte? Il concetto è che se comunque qualcuno dovesse volere il Brescia, il momento per provare a prenderlo, ed eventualmente per smascherare Cellino, la sua volontà e le sue richieste, è proprio questo. C’è il tema problema di un presidenza che non ha più respiro, che non intende fare un passo verso la piazza e una piazza che allo stesso modo non ha voglia di provare un riavvicinamento.
Anzi: il fronte della contestazione è sempre più ampio. E profondo come un abisso. La situazione è insanabile. Il raggio del malcontento si è ormai inoltre allargato anche sulle istituzioni locali. Tutti contro tutti. Il macro tema, il macro problema del Brescia è però... Brescia. Non c’è un sistema attorno alla squadra della città. Della quale, piaccia o meno, la realtà calcistica è lo specchio. Per comprenderlo, basta lanciare uno sguardo a poco più di una trentina di km da qui, a Bergamo. Dimensione locale contro dimensione internazionale.
Non c’è unità
Il Brescia – vale da sempre, l’indifferenza sotto questa presidenza si è solo colpevolmente ingigantita – per le istituzioni come per gli imprenditori-industriali ha sempre rappresentato una patata bollente, un’entità dalla quale proteggersi anziché verso la quale tendersi.
L’Atalanta è invece «la fidanzata di tutti i bergamaschi» (cit. Lino Mutti) e al di là della fortuna per il club di essere finito nelle mani di un imprenditore come Antonio Percassi dotato di grande disponibilità economica, e che in più aveva un passato da giocatore dei nerazzurri quindi dotato di senso d’appartenenza e passione, la differenza la fa una città che a tutti i livelli è «al servizio» della sua squadra. E quindi, viceversa.
L’Atalanta è un’opportunità di ulteriore sviluppo e non un problema. Simbolo di quest’ultimo, in cemento e bruttura, a Brescia, è lo stadio. Così è, anche se non ci pare e la riflessione deve coinvolgere tutti, nessuno escluso. Resta però che il Brescia è di Massimo Cellino e che, al di là della desolazione attorno a una squadra che peraltro vive in isolamento e che sembra non avere una vita tra una partita e l’altra, tocca a lui tracciare la via d’uscita. Perché qui può finire (ancora) male.
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
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