Brescia Calcio, guerra e pace: Inzaghi è il «nuovo» allenatore

Se Sanremo è Sanremo, Cellino è Cellino. E non c’è proprio niente da fare: che non è una giustificazione, ma un dato di fatto. Il fabbricante professionista di burrasche ha colpito ancora: stavolta facendola veramente grossa. Più grossa di quanto anche uno come lui potesse mai immaginare e se vi state chiedendo se dietro a tutto quanto è accaduto ci fosse una delle solite diaboliche strategie dell’uomo di via Solferino, la risposta è una soltanto: no. Eppure, quanto è accaduto - seguendo un percorso assurdo - potrebbe incredibilmente essersi evoluto fino al punto di rischiare di diventare la vera svolta della stagione, dando la stura alla cappa di negatività che aveva avvolto l’ambiente ricadendo su un gruppo squadra in involuzione.
I tre giorni
Il Brescia e Pippo Inzaghi stanno ancora insieme: ma non come una di quelle coppie stanche che vanno avanti «perché tanto ormai» e per un pre contratto matrimoniale capestro. No: alla fine si sono liberamente riscelti. Con la promessa di nuova vita a braccetto sancita da una stretta di mano sfociata in un abbraccio. Il surreality show, Massimo Cellino lo ha chiuso così e il sipario su una kermesse di tre giorni senza precedenti, è calato. È stata pazzesca la mediacità del tutto e inevitabilmente, esponenziale è stata anche la brutta figura che il club ha fatto per come si è fatto scappare di mano la gestione del dopo Cosenza. In 72 ore c’è stata un’escalation con la curva che ieri, in due ore soltanto, ha fatto registrare il picco, ha raggiunto il plateau e infine ha iniziato a scendere per arrivare a dare una guida tecnica al Brescia. L’incarico, è stato dato a Inzaghi. Che a tutti gli effetti, va comunque considerato un nuovo allenatore. Poi capiremo perché.
Cos'è successo nelle ultime 24 ore
Ci eravamo lasciati con l’eco di una notte infuocata. Con Cellino che non voleva saperne più di Inzaghi. Clausola antiesonero o non clausola: nella convinzione (supportata da fonti legali) che volendo andare a fondo per davvero, questa non avrebbe retto. La forzatura d’altronde il Brescia era già stato disposto a farla martedì, ma la sommossa anti Lopez aveva indotto a fermarsi. Inzaghi l’altroieri a colloquio con Marroccu aveva già detto di essere interessato a ripartire non per diritto acquisito, ma per convinzione. Un quadro che comunque non piaceva a un Cellino furioso e pronto a fare la guerra. Di primo mattino il muro era altissimo e il segnale di battaglia era stato nel dimezzamento dello staff dell’allenatore privato del vice D’Angelo e del preparatore atletico Alimonta. Ma Inzaghi era pronto a combattere e, reintegrato da un punto di vista tecnico seppur privo di fiducia, andava comunque al centro sportivo intorno alle 10.30/11. Nel frattempo oltre agli avvocati di uno e dell’altro, si manteneva al lavoro il «corpo diplomatico» guidato dal generosissimo Francesco Marroccu che martedì aveva dato a Cellino prova di estrema lealtà non solo mettendoci la faccia in una situazione in cui pochi altri nel suo ruolo avrebbero accettato di farlo uscendone con «peripezie» linguistiche, ma anche ammettendo di averci messo del suo.

La svolta
Poi, all’improvviso, la svolta: un Inzaghi più risoluto e determinato che mai ha rotto gli indugi e chiesto un incontro con il presidente. Che voleva la stessa cosa, ma che non avrebbe mai fatto il primo passo. Perché per prendere in considerazione di tornare indietro (dell’esonero era convinto: non era uno spauracchio) voleva una prova monstre dall’allenatore. Che ottenuto l’ok per il confronto, accompagnato da Marroccu, intorno alle 13 è partito da Torbole per Brescia. In scena un confronto intenso e anche molto acceso con Inzaghi a guardare in faccia Cellino e a dirgli «non voglio restare e non resterei mai per contratto, non voglio restare per soldi e contro la sua volontà perché non sarebbe possibile: voglio restare perché ci credo come non mai, perché credo nella mia squadra e nella serie A». A quel punto Cellino si è sciolto, colpito dalla caparbietà dell’allenatore dal quale ha ricevuto una scarica di buone vibrazioni.

La stretta di mano, l’abbraccio e poi il «firma il tesseramento». Già, perché l’esonero c’era stato ed era pure stato certificato dalla Lega (per via della clausola non era semmai stato accettato il tesseramento di Lopez) per cui Inzaghi ha dovuto rifirmare. Un passaggio che non è un dettaglio perché davvero significa che la voglia di addio era stata tracciata e non era un bluff (e si poteva andare fino in fondo sul serio) e che è da un precipitare degli eventi che è nata una nuova occasione per l’ammirevole e meritevole Inzaghi che è un «nuovo» allenatore, anche in una carica ritrovata a mille e portata subito sul campo. E fu così che iniziando da una clausola mai vista prima, potrebbe essere stata salvata una stagione in un modo mai visto prima. Buon lavoro di cuore, mister Pippo.
@Sport
Calcio, basket, pallavolo, rugby, pallanuoto e tanto altro... Storie di sport, di sfide, di tifo. Biancoblù e non solo.
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato
