Basket

Matteo Bonetti: «Nuova Germani, lungimirante e ben oliata»

Il membro del CdA: «Cotelli coach? È stata la scelta giusta, se ci saranno difficoltà la squadra saprà fare da scudo»
Matteo Bonetti durante la festa di fine stagione in piazza Loggia - Foto New Reporter Nicoli © www.giornaledibrescia.it
Matteo Bonetti durante la festa di fine stagione in piazza Loggia - Foto New Reporter Nicoli © www.giornaledibrescia.it
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Il progetto della Germani «è stato talmente lungimirante da procedere più veloce del previsto». Matteo Bonetti, l’uomo che con Graziella Bragaglio ha riportato il basket all’ombra del Cidneo 16 anni fa, e che oggi siede nel Consiglio di Amministrazione della Pallacanestro Brescia, legge il recente passato e il presente del club.

Oltre le aspettative

La stagione clamorosa culminata con il raggiungimento della finale scudetto «è andata oltre le aspettative di chiunque. Forse – prosegue Bonetti – speravamo che un risultato del genere potesse maturare per la stagione che sta per iniziare». L’esito è noto: i riflettori puntati sulla magia del club biancoblù, che ha sfidato le leggi della pallacanestro italiana, e la mossa dell’Olimpia Milano, che ha «portato via» coach Peppe Poeta dopo un solo anno alla Germani. La risposta di Brescia? Ripartire dalla rosa del 2024-2025 e affidare la panchina al primo assistente Matteo Cotelli. «È la scelta giusta – prosegue il “doc” –, la chimica porta risultati, e la rosa che affronterà la prossima annata ne possiede già parecchia. In più ci sarà Massinburg, che ha già giocato da noi, ed è amato tanto dai compagni quanto dall’ambiente. Ricominceremo con meccanismi oliati».

Il coach

Da sinistra Bragaglio, Cotelli e Ferrari - Foto New Reporter Checchi © www.giornaledibrescia.it
Da sinistra Bragaglio, Cotelli e Ferrari - Foto New Reporter Checchi © www.giornaledibrescia.it

E coach Cotelli? «Conosco benissimo la sua storia, è iniziata con Graziella e con me – prosegue Bonetti –. La sua, nel nostro ambiente, è stata una crescita progressiva e costante. I giocatori sono dalla sua parte. Sono certo che, dovesse servire, la squadra saprà fargli da scudo. D’altra parte, lo si è visto bene, il gruppo è coeso e compatto. E ha avuto voce in capitolo anche nella stessa scelta dell’allenatore».

A bordo campo

Da uomo di pallacanestro, il dottore riflette poi sulla condizione dei coach italiani e ricorda gli anni in cui lui stesso allenava. «A Cremona mi proposero di prendere l’ultimo patentino che mi mancava e di trasformare la mia passione in lavoro – racconta –. Tornai a casa, mio padre mi disse di ringraziare la società e far presente che la mia strada sarebbe stata un’altra. Essere coach qui, adesso, è complicato. In serie A ne arrivano tanti dall’estero. Nelle categorie minori spesso non si riesce a farlo “di lavoro”».

Chi resta

Dalla panchina al parquet, «non ho mai avuto dubbi circa la permanenza di Jason Burnell – prosegue –. Mauro Ferrari è stato particolarmente bravo a blindarlo per tempo. Giusto così, viene da un campionato straordinario, ma la sua crescita è anche merito di Brescia. Maurice Ndour? Resterà con noi, anche perché è particolarmente legato al nostro club».

Il prossimo potrà essere un anno cruciale per Joseph Mobio, un elemento che – come Cotelli, ma crescendo poi in altre realtà – ha mosso i primi passi proprio a Brescia. «È ben inserito nel gruppo, lo scorso anno si è guadagnato un po’ di spazio, ha chiuso la sua prima stagione nel massimo campionato battagliando con Shengelia in una finale scudetto... Ha fatto il suo, e si merita fiducia».

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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