Basket

Germani, De Benedetto e la pallacanestro condivisa

Francesco Venturini
Il consulente del club, ora anche responsabile scouting, analizza la stagione: «Sono tanti i fattori che hanno contribuito. Su tutti, l’intelligenza e la capacità di Poeta di calarsi nell’identità della squadra»
Marco De Benedetto - Foto New Reporter Checchi © www.giornaledibrescia.it
Marco De Benedetto - Foto New Reporter Checchi © www.giornaledibrescia.it
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Con ruoli diversi dal 2021 a oggi (adesso è responsabile scouting e consulente del club) Marco De Benedetto è stato testimone della costante crescita della Germani. Dalla conquista della Coppa Italia al traguardo della semifinale scudetto, fino all’approdo a questa storica finale.

Le idee di Ferrari

«Poteva andare peggio – sorride –. Credo che la chiave per questa crescita sia stato, fin da subito, individuare una visione condivisa di pallacanestro. Abbiamo cercato di interpretare e applicare le idee di Mauro Ferrari in modo coerente. Per provare a ottenere risultati devi capire cosa può funzionare in un contesto preciso. Aver poi scelto Amedeo Della Valle come uomo franchigia e poter contare su uno zoccolo duro di staff e giocatori ha dato solidità a tutto il progetto».

La gestione di Poeta

Analizzando la stagione, De Benedetto sottolinea la sinergia perfetta tra le varie componenti. «Sono tanti i fattori che hanno contribuito – afferma il quarantaduenne piemontese –. Su tutti, l’intelligenza e la capacità di Poeta di calarsi nell’identità della squadra. Ma prima ancora, va riconosciuta a Ferrari la grande intuizione nell’affidargli la panchina». E, sul coach, aggiunge: «Peppe si sta dimostrando un’eccellenza. Lo definirei un collante. Capisce cosa crea chimica e cosa serve per far funzionare un gruppo – fa notare De Benedetto –. È un grande gestore, una persona empatica e, soprattutto, uno che di pallacanestro ne capisce davvero».

La crescita di Burnell

Infine, parlando dei singoli, De Benedetto individua in Jason Burnell la vera sorpresa della stagione. «Dai nuovi ci aspettavamo buone cose, ma chi mi ha davvero colpito è Burnell. Ha imparato a massimizzare il proprio potenziale, è cresciuto nella lettura e nella pulizia del gioco. Con una rotazione più corta aveva meno margine di errore, e ha risposto con grande maturità e fiducia nei propri mezzi». 

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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