Uccisa da paziente psichiatrico: chieste 3 condanne e due assoluzioni

Il pm lo ha ripetuto più volte. «Quella morte poteva essere evitata». E così ha chiesto tre condanne e due assoluzioni per il decesso di Nadia Pulvirenti, la 25enne terapista per la riabilitazione psichiatrica uccisa il 24 gennaio 2017 all'interno della Cascina Clarabella di Iseo da un paziente, Abderrhaim El Mouckhtari, che non è stato processato per incapacità di intendere e volere.
In aula
Sul banco degli imputati ci sono cinque medici accusati di omicidio colposo. Il pubblico ministero ha chiesto la condanna più alta, quattro anni, per Claudio Vavassori, presidente del Consiglio di amministrazione della cooperativa Diogene e datore di lavoro di Nadia Pulvirenti. Due anni invece per Laura Fogliata, medico e componente della stessa coop e un anno per Annalisa Guerrini, psichiatra al Cps di Rovato e responsabile della predisposizione del piano terapeutico individuale di Abderrhaim El Moukhtari. Chiesta invece l’assoluzione per Andrea Materzanini, direttore del Dipartimento di salute mentale di Iseo e per Giorgio Callea, responsabile del Centro Psico Sociale di Iseo «che non avevano rapporti con il paziente».
La psichiatra
L’uomo che ha ucciso Nadia Pulvirenti colpendola con 19 coltellate, e che oggi è in una residenza per l'esecuzione delle misure di sicurezza, all’epoca era ospite della struttura Clarabella in regime di residenzialità leggera. «La patologia del paziente non è stata adeguatamente contenuta» è la tesi del pm in aula. «A novembre del 2016 - pochi mesi prima dell’omicidio della terapista - inspiegabilmente viene decisa una terapia autosomministrata, ma gli esami del sangue stabilirono una non corretta assunzione del farmaco da parte del paziente» ha aggiunto la pubblica accusa.
Che - in merito alla posizione della psichiatra per la quale ha chiesto la condanna a un anno - si è concentrata sulla disponibilità di coltelli che Abderrhaim El Mouckhtari aveva nell’appartamento in cui viveva. E dove ha ucciso Nadia Pulvirenti. «Il medico che l’aveva in cura doveva tenere conto di un aspetto inquietante: nel 2000 il paziente aggredì la moglie con un coltello. E altre due volte si scagliò su compagni di stanza sempre impugnando un coltello. Eppure nonostante questo continuava ad avere a disposizione coltelli da usare liberamente e proprio con un coltello ucciderà Nadia Pulvirenti. Per questo la psichiatra è stata imprudente. Era prevedibile che in una situazione di questo tipo che il paziente potesse scompensarsi? Ritengo di sì. Non era sorvegliato, non era in una struttura protetta e il trattamento farmacologico non era adeguato» le conclusioni dell’accusa.I datori di lavoro

Nella sua requisitoria il pubblico ministero si è poi occupata dei datori di lavoro della giovane terapista uccisa, che era dipendente della cooperativa Diogene. La pena più alta, quattro anni, è stata chiesta per il presidente Claudio Vavassori. «Il piano di valutazione dei rischi era obsoleto dato che non prevedeva nemmeno la residenzialità leggera. Non era calcolato il rischio e non si faceva nemmeno conto che i lavoratori erano a contatto diretto con pazienti psichiatrici che nella residenzialità leggera hanno maggiore libertà» il pensiero del pm. «Si poteva e si doveva affiancare a Nadia Pulvirenti un’altra persona, così l’evento violento non sarebbe avvenuto o comunque sarebbe avvenuto in forma meno grave».
E sul medico della cooperativa, Laura Fogliata, per la quale è stata chiesta la condanna a due anni, l’accusa sostiene che «avrebbe dovuto indicare al datore di lavoro di impiegare più persone e per questo collaborato nell’omissione. Era sufficiente prendere atto del fatto che nel documento di valutazione del rischio non fosse citata una doppia presenza. Si è trattato - ha chiuso il pm - di un errore macroscopico».
Il processo è stato aggiornato al prossimo 6 dicembre per la discussione delle difese.
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