Omicidio alla Clarabella: «Rischio aggressioni non contemplato»

In aula la deposizione del Medico del Lavoro: «Documenti gravemente carenti»
La giovane donna era stata uccisa nella struttura in cui lavorava. Foto © www.giornaledibrescia.it
La giovane donna era stata uccisa nella struttura in cui lavorava. Foto © www.giornaledibrescia.it
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Il documento di valutazioni dei rischi stilato dalla cooperativa Diogene, di cui Nadia Pulvirenti era dipendente, secondo il medico del lavoro Silvia Garattini, all’epoca dei fatti direttore del servizio Prevenzione e Sicurezza negli Ambienti di Lavoro dell’Ats di Brescia, che ha stilato la relazione sull’incidente «era gravemente carente» e l’ipotesi di una aggressione da parte del paziente era «sconosciuta al processo di valutazione dei rischi».

La dottoressa è stata ascoltata ieri mattina nel corso del processo a carico dei vertici della struttura di Corte Franca, la Cascina Clarabella, in cui Nadia Pulvirenti lavorava per conto della cooperativa che aveva l’appalto per i servizi di assistenza nella «residenzialità leggera». La 25enne era un tecnico della riabilitazione psichiatrica e il 24 gennaio del 2017 è stata uccisa, colpita a morte con un coltello dal paziente che stava seguendo. In aula la dottoressa ha spiegato che, nel documento del 2011 che ha esaminato dopo la morte della ragazza, «non era nemmeno citata la residenzialità leggera» e che «non era trattato il rischio di violenza» e che le indicazioni erano «in caso di pericolo avvisare le forze dell’ordine e il dipartimento di salute mentale». L’esperta ha anche ricordato che «dei cinque infortuni già accorsi nella struttura ben due erano legati ad aggressioni da parte dei pazienti» ma che «Nadia Pulvirenti non risulta avesse fatto una formazione specifica per riconoscere segnali di pericolo nei comportamenti dei pazienti».

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