Ex Ercos, c'è un esposto in Procura: riapre il caso

L’area della ex Ercos sta in pieno centro urbano. Tutti, a Monticelli Brusati, la conoscono. Come tutti sanno dei cumuli di rifiuti che racchiude (in superficie e sottoterra), dell’inquinamento del terreno violato da anni di attività siderurgica, dello stato delle acque sotterranee, infestate da quantitativi di manganese e di cloruro di vinile fuori legge. Il Comune, e gli amministratori che si sono passati il testimone, lo sanno da anni: dal 1999 per l’esattezza. Ma ad oggi, ventidue anni più tardi, nulla è stato ancora messo in moto. Nonostante l’accertata responsabilità della contaminazione, nonostante le relazioni dell’Arpa, nonostante la diffida con timbro e firma della Provincia che, pure, ha ribadito al Comune di emettere ordinanze e di agire, come prevede la normativa. Ventidue anni. E il Comune, ancora, non ha emesso alcuna ordinanza, né è intervenuto in via sostitutiva.
È una storia che ha dell’incredibile quella dei 42mila metri quadrati dell’area in località Parmezzane Calzana che fu della Ercos Spa, azienda che ha prodotto in quel sito dal 1968 al 1999 e che oggi - dopo una convenzione stipulata proprio nel 1999 con l’allora Amministrazione Bozza - è ancora operativa in via San Faustino. Gli attori in campo sono tanti, come tanti sono i risvolti in chiaroscuro che da tempo cercano spiegazioni. E ora, sulla scorta del nuovo esposto presentato in Procura dall’avvocato Pietro Garbarino, il fascicolo del «caso Ercos-Comune di Monticelli Brusati» è stato (ri)aperto ed è nelle mani del sostituto procuratore Carlo Pappalardo per l’avvio dell’attività investigativa.
Pesanti le eventuali responsabilità da accertare, che chiamano in causa sia la dirigenza politica sia i tecnici comunali: l’esposto chiede infatti di «procedere nei confronti dei sindaci di Monticelli Brusati» per i reati di abuso d’ufficio, omissione di atti d’ufficio e, da ultimo, omessa bonifica. Quel che l’esposto chiede è «che si proceda penalmente nei confronti degli autori e responsabili». Il dito è puntato in primis sull’azienda, perché - ha scritto la Provincia nella diffida del febbraio 2016 - «tenuto conto che sul sito dal 1999 non sono state effettuate ulteriori attività e che i superi accertati sono riconducibili all’attività svolta da Ercos Spa», tesi - questa - contestata dalla ditta davanti al Tar, che non ha però emesso alcuna sospensiva.
Ma i fari sono puntati anche e soprattutto sulla gestione della vicenda da parte del Comune. Perché, in tutti questi anni e nonostante i verbali stilati dalla Provincia, l’Amministrazione non è intervenuta né ha escusso la fideiussione di un milardo di lire che Ercos aveva l’obbligo di versare sulla scorta del piano attuativo che ha portato al suo trasferimento? Perché non è stata emanata l’ordinanza? E perché, come prevede la normativa, l’ente locale non è intervenuto? «Il Comune non si è attivato, e neppure si sta attivando, per ordinare al responsabile la rimozione di materiali e rifiuti che inquinano l’area, anche con grave rischio della salute pubblica (l’area è facilmente accessibile) e della pubblica igiene» si legge nell’esposto. Che prosegue: «Gli organi politici come quelli tecnici e amministrativi hanno costantemente e scientemente ignorato il grave stato di degrado di un’area centrale dove si era svolta per decenni un’intensa attività produttiva di fusione dei metalli, più volte denunciata come molesta dai residenti».
Non è ancora tutto. Ercos aveva infatti «intubato» il corso d’acqua demaniale che scorre accanto all’area su cui sorgeva la fonderia dismessa: se nessun controllo comunale aveva mai portato alla luce la questione, lo ha fatto anni più tardi Legambiente. L’associazione lo ha scoperto in seguito ad un’altra vicenda, legata poi a doppio filo all’area in questione: nel campo adiacente allo spazio ex Ercos, infatti, si stava assistendo alla ricarica abusiva di terreno con il conseguente rischio di dissesto idrogeologico che - a quel punto ed essendo incanalato il torrente - incombeva anche sull’area della fonderia.
Il caso è intricato, come intricati sono i risvolti e le conseguenze di questa storia. Ma dopo ventidue anni questo risanamento ambientale e, soprattutto, la ricerca delle responsabilità non possono più aspettare.
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