Colpo da 80 milioni sventato: «Clan pugliesi e calabresi uniti»

Nel decreto di fermo da 450 pagine gli inquirenti sottolineano l'intreccio tra organizzazioni criminali di differente matrice
Pistole, cellulari, chiodi per forare le gomme delle auto: parte dell'attrezzatura sequestata nel covo della Pedrocca - Foto Gabriele Strada /Neg © www.giornaledibrescia.it
Pistole, cellulari, chiodi per forare le gomme delle auto: parte dell'attrezzatura sequestata nel covo della Pedrocca - Foto Gabriele Strada /Neg © www.giornaledibrescia.it
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Pugliesi, calabresi e bresciani. Si sono uniti. E nelle 450 pagine del decreto di fermo vengono indicati i ruoli. C’è chi ha organizzato dal sud per poi affidarsi a chi come i calabresi già opera nella criminalità bresciana e che a sua volta ha chiamato in causa basisti locali e gente pronta a tutto.

Dal pizzaiolo di professione che si mette al servizio dei clan, a fartelli calabresi ma ormai di fatto bresciani, che sanno usare le mitragliette e ne detengono. E poi ci sono soggetti pugliesi che il 4 dicembre 2016 fecero parte di un commando che assaltò il caveau della Sicurtransport nella zona industriale di Catanzaro.

«Le armi da casa»

Kalashnikov, fucili a pompa e Uzi tra le armi sequestrate alla Pedrocca - Foto Gabriele Strada /Neg © www.giornaledibrescia.it
Kalashnikov, fucili a pompa e Uzi tra le armi sequestrate alla Pedrocca - Foto Gabriele Strada /Neg © www.giornaledibrescia.it

E a proposito di armi gli ultimi del gruppo arrivati nella nostra provincia venerdì mattina, e immortalati mentre entrano nel capannone di Cazzago San Martino, si sono portati dalla Puglia pistole e fucili personali. «Non ci fidiamo della armi di altri» dicono al telefono. E sempre parlando al cellulare qualche settimana fa erano convinti di poter trovare nel caveau di Calcinato almeno «13 ceste, ognuna con dentro 800mila euro». Seguivano, grazie alle presunte talpe interne, i carichi di denaro. E negli ultimi giorni la liquidità all’interno del deposito della Mondiapol è aumentata fino a toccare quota 80 milioni di euro. I primi interrogatori di convalida dei fermi sono in programma domani mattina davanti al gip Matteo Grimaldi, che nel corso delle indagini ha dato il via libera alla montagna di intercettazioni oggi agli atti.

I clan che si uniscono

Il capannone dove sono scattati gli arresti a Cazzago - Foto Gabriele Strada /Neg © www.giornaledibrescia.it
Il capannone dove sono scattati gli arresti a Cazzago - Foto Gabriele Strada /Neg © www.giornaledibrescia.it

«Con questa operazione siamo riusciti a dimostrare quello che pensiamo da tempo: c’è una saldatura tra criminalità organizzata a trazione mafiosa pugliese e criminalità a trazione mafiosa calabrese» sono le parole del pm Paolo Savio per inquadrare il contesto in cui hanno operato le 31 persone fermate tra Cazzago San Martino, Gardone Valtrompia e Ospitaletto. «Pensiamo di avere disarticolato quasi completamente una delle strutture di Cerignola specializzate in assalti blindati e caveau» ha spiegato il pm antimafia Paolo Savio.

Questione di nuove mafie, che si mischiano e soprattutto nelle nostre zone non danno riferimenti. «Nelle regioni del Nord non abbiamo di fronte una mafia compatta, unica, unitaria, piramidalmente strutturata, ma abbiamo diverse compagini» conferma il procuratore capo Francesco Prete. «La difficoltà degli inquirenti in queste aree del Paese è avere a che fare con clan differenti che si spartiscono il territorio, operano congiuntamente sul territorio e addirittura fanno affari con soggetti trasfertisti, che vengono a compiere attività criminale al Nord per poi diversificarsi» è la convinzione del procuratore capo di Brescia.

«La nostra difficoltà - aggiunge Prete - rispetto ad altre direzioni distrettuali antimafia che conoscono il territorio e sanno chi criminalmente comanda, è di avere compagini diverse che rende tutto molto più complesso. Noi contrastiamo il fenomeno, ma prima di tutto lo analizziamo. Ci confrontiamo di volta in volta con clan e famiglie diverse».

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