Scuola

Rete anti-violenza: 51 scuole bresciane coinvolgono genitori e figli

Presentati i progetti contro gli stereotipi di genere. Allo studio il protocollo per l’intercettazione precoce
Una serie di iniziative per dire stop alla violenza
Una serie di iniziative per dire stop alla violenza
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Una rassegna per giovani band, incontri di educazione finanziaria rivolti alle mamme, seminari per docenti e presidi, mostre itineranti, workshop per studenti e progetti capaci di coinvolgere anche gli asili.

Sono alcune delle iniziative che la rete bresciana «A scuola contro la violenza sulle donne» ha intenzione di proporre durante il prossimo biennio nei 51 Istituti comprensivi e superiori aderenti. Con la consapevolezza che, sottolinea Elena Lazzari, preside dell’Abba-Ballini, sia necessario «aiutare i giovani e i bambini, fin da piccolissimi, a superare gli stereotipi di genere per prevenire forme di violenza che passano anche da bullismo, cyberbullismo e fenomeni come le baby gang».

Se ne è parlato ieri in occasione dell’assemblea convocata all’Abba-Ballini (la scuola capofila) per rilanciare la rete nata nel 2020 che ingloba anche sei associazioni e centri anti-violenza, Loggia, Ats Brescia e consigliera di parità. Ed è aperta a nuove adesioni.

A tutta musica

«Dopo i seminari con gli esperti che nel 2021 hanno coinvolto duemila studenti - ha spiegato la prof. Lazzari - intendiamo proseguire la nostra attività di sensibilizzazione con incontri di educazione finanziaria rivolti alle mamme perché crediamo nell’importanza dell’indipendenza economica. Agli studenti proporremo workshop con gli operatori dei centri anti-violenza e una rassegna per gruppi musicali che scrivano canzoni su questi temi. Crediamo inoltre che, nelle lezioni di educazione civica, vadano inseriti progetti anti-violenza dalla scuola dell’infanzia in poi».

La rete, poi, vorrebbe lavorare alla costruzione di un protocollo da diffondere nelle scuole «per l’intercettazione precoce della violenza subita, generata o assistita a casa e in altri contesti. Un protocollo - ha detto la preside - che ci aiuti a cogliere i primi segnali».

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«Ti amo da morire»

I progetti, insomma, sono tanti e declinati in base al tipo di destinatari. Perché tutti gli attori della rete - dagli istituti alle associazioni - sono convinti che questi temi debbano entrare sempre più nelle scuole di ogni ordine e grado per far riflettere alunni, insegnanti e famiglie. «Per offrire alla società la possibilità di evolversi - ha osservato Moira Ottelli del centro anti-violenza Butterfly - dobbiamo insistere sull’abbattimento degli stereotipi di genere, diffondere la conoscenza dei nostri retaggi culturali e favorire l’uso di un linguaggio corretto. Dire "Ti amo da morire", ad esempio, è sbagliato, bisogna dire "Ti amo da vivere". Idem "Sei mia": nessuno possiede un’altra persona».

Moira Ottelli sottolinea l’importanza di lavorare con i piccolissimi e gli adolescenti. A questi ultimi «bisogna far capire che lo spintone e la sberla non sono semplici esternazioni di un gioco tra pari. E che lo scambio delle password può nascondere volontà di controllo. Da evitare sono poi le espressioni come "Vestiti così, perché a me piace". Il linguaggio va pulito, deve essere rispettoso».

I numeri

Il centro Butterfly, tra gennaio e maggio, ha registrato 60 contatti telefonici e 35 nuove prese in carico di donne in difficoltà che si aggiungono alle 70 seguite dal 2021. Inoltre ha risposto a 38 richieste di intervento in emergenza che si sono tradotte in 15 collocamenti nelle case rifugio della rete anti-violenza. Rispetto ai mesi caldi del Covid «è cambiato poco: ci tengo a sottolineare - ha detto Moira Ottelli - che la pandemia e l’isolamento non sono da considerarsi la causa di comportamenti sbagliati: hanno solo esasperato una violenza che già c’era». All’incontro di ieri erano presenti anche Federica Di Cosimo, referente dell’Ust, che ha elogiato il lavoro fatto finora dalla rete, Maria Rosa Mondini, presidente dell’associazione «Donne, politica e istituzioni» che ha fatto notare quanto sia importante che le donne conoscano i loro diritti, e l’assessore alle Pari opportunità Roberta Morelli. Che ha presentato i corsi organizzati in autunno dal Comune per docenti (dalla scuola dell’infanzia in poi) e genitori. Su tematiche come gli effetti della violenza assistita, il gender gap, l’insegnante-sensore e il linguaggio.

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