I presidi bresciani: «No alla Dad il sabato, al massimo valutiamo la settimana corta»
Ridurre di un paio di gradi la temperatura delle aule, spalmare le lezioni su cinque giorni anziché sei o fare tutti la Dad il sabato. Le istituzioni e il mondo della scuola si interrogano sulle strategie da adottare contro il caro energia. La terza ipotesi, quella più recente, è stata sollevata da Antonello Giannelli, presidente dell’Associazione nazionale presidi, e nel Bresciano sta incassando molti «no».
Super contraria Simonetta Tebaldini, dirigente dell’Itis Castelli: «Mai più didattica a distanza. Ha già fatto troppi danni a livello di apprendimento e soprattutto di socialità». Come lei, non intendono prendere in considerazione l’idea anche altri colleghi: da Luca Alessandri del Cossali di Orzinuovi («Mi sembra un’opzione poco efficace, abbiamo fatto così tanto per tornare in presenza...) a Elena Lazzari dell’Abba-Ballini («Il Ministero l’ha abolita anche per gli alunni positivi»). Lo stesso dirigente dell’Ufficio scolastico territoriale (Ust) di Brescia appare scettico: «È un’ipotesi che va ragionata: servirebbe una normativa unica di riferimento a livello regionale o nazionale. Lasciare, su questo tema, libertà organizzativa alle scuole sarebbe inopportuno. Il sabato, poi, è di per sé un giorno poco sentito dagli studenti: prevederlo in Dad penalizzerebbe l’apprendimento delle materie di giornata, che andrebbero quindi fatte ruotare». Il provveditore ripropone quindi l’idea della settimana corta.
Niente scuola il sabato
La sua proposta, avanzata a inizio estate per favorire, al rientro dalle vacanze, risparmi sul riscaldamento e sui trasporti, non ha ottenuto consensi immediati. L’alberghiero Caterina de’ Medici di Gardone Riviera passa alla settimana corta, ma sulla base di una scelta maturata in un anno e motivata da ragioni organizzative e culturali. Altre scuole (non tante, per la verità) ci stanno pensando, ma è difficile che la svolta avvenga già dal 12 settembre.
Tra queste c’è il Tassara-Ghislandi di Breno: «In occasione del primo collegio docenti - assicura la dirigente Roberta Pugliese - farò delle riflessioni sulla crisi energetica e inviterò a valutare questa idea. Sul fronte dei servizi ci si può organizzare potenziando il bar, su quello dei trasporti, invece, abbiamo bisogno di rassicurazioni». Possibilista è anche il collega del Cossali: «Anni fa il tema aveva diviso l’istituto, ora sta maturando un certo interesse. Ovviamente non si può decidere ora per il 12 settembre, ma se dovessero arrivare disposizioni in tal senso ci adegueremo: non possiamo sottovalutare l’emergenza energetica». Determinata a portare la settimana corta al Marzoli di Palazzolo è la preside Nadia Maria Plebani: «Faremo partire l’iter in ottobre: ascolteremo famiglie e studenti e sottoporremo la questione a collegio docenti e consiglio d’istituto. La svolta potrebbe avvenire nell’anno scolastico 2023-2024, ma se dovessero esserci prima delle indicazioni dall’alto potremmo accelerare le cose».
Oltre i risparmi
La prof. Plebani ha a cuore questa sfida: «La settimana corta porterebbe migliorie a livello organizzativo: tutto il personale riposerebbe lo stesso giorno, il sabato appunto. Consentirebbe agli studenti di vivere di più la famiglia, lo dico da mamma lavoratrice. E favorirebbe gli alunni atleti che vanno in trasferta. Di conseguenza ci sarebbero anche risparmi energetici ed economici». Delle valutazioni in tal senso verranno fatte anche al liceo Copernico: «Al Falcone di Palazzolo, anni fa, sono riuscito a portare la settimana corta - ricorda il preside Luciano Tonidandel -. Magari dal ’23-’24 si potrebbe fare anche qui: bisogna capire se è un’idea fattibile, soprattutto a livello di trasporti, e condivisa. Porterebbe vantaggi organizzativi. Tutti a casa il sabato significa meno inquinamento e spese energetiche». La settimana corta piace anche alla preside dell’Abba-Ballini («È europea»), ma a suo avviso è difficilmente applicabile a un istituto tecnico.
Contraria la prof. Tebaldini: «Si smetta di risparmiare sulla scuola». «L’idea non è percorribile - aggiunge Gianmarco Martelloni del Capirola di Leno - senza un intervento normativo che ci permetta di ridurre il modulo orario a 50 minuti, altrimenti per tecnici e professionali 32 ore (34-35 per il liceo artistico) da 60 minuti distribuite su 5 giorni sarebbero difficilmente sostenibili in strutture che raramente dispongono di spazi adeguati alla permanenza prolungata a scuola».
Il provveditore
Bonelli invita comunque le scuole a valutare l’idea di rinunciare al sabato «in vista di eventuali esigenze emergenziali sul fronte energetico che potrebbero palesarsi durante l’anno, ma anche come opzione per il futuro. Quella della settimana corta è anche una questione educativa: è importante far capire che le scuole hanno un costo energetico e che bisogna ragionare sulla sostenibilità e fare scelte concrete».
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