A Brescia mancano mille maestri: un «buco» tamponato dai precari

Alberto Manzi lo portò in tv, Gianni Rodari ne fece un genere letterario, Giorgio Caproni mai gli predilesse la poesia. Senza contare il pensiero di Maria Montessori, riscoperto a quasi mezzo secolo dalla sua morte. Perché il mestiere del maestro - nonostante la svalutazione e le storture burocratiche che ha subito costantemente negli ultimi decenni - resta uno dei cardini della società moderna, anche e soprattutto oggi. Lo testimoniano ogni anno i numeri dei test di ammissione ai corsi di laurea in Scienze della formazione primaria, ma anche i dati dei posti disponibili e dei supplenti in attesa nelle primarie in tutta Italia.
Numeri in crescita
L’ondata di studenti che ieri si è abbattuta al Brixia Forum per accedere al percorso accademico dell’Università Cattolica di Brescia è solo l’ultima goccia del mare magnum che sta recentemente inondando le scienze della formazione primaria. In molte università italiane, da Trieste a Napoli, si registrano infatti incrementi fino al 40% in questo corso di studi.
Neppure gli stipendi tra i più bassi d’Europa (secondo l’Ocse), neppure la mole di impegno in classe e di lavoro da casa, neppure una generale svalutazione culturale e sociale della figura dell’insegnante sembrano frenare i giovani italiani: vogliono insegnare e vogliono farlo ai bambini, in quegli spazi in cui si formano le prime coscienze dei cittadini del domani.
Maestri specializzati
D’altronde nelle classi c’è sempre più bisogno di figure educative formate e specializzate, nonostante il progressivo calo degli alunni a causa dell’inverno demografico. Nel Bresciano, secondo gli ultimi dati disponibili, si contano poco più di 100 scuole pubbliche (con titolarità di presidenza) e 343 plessi, molti dei quali appartengono allo stesso ente, ma sono dislocati soprattutto nelle valli. Agli istituti comprensivi si aggiungono poi altre 25 scuole paritarie. Un numero considerevole che si traduce in circa 52mila alunni e 3mila classi, disseminati dalla Valcamonica alla Bassa.
Per far funzionare la complessa macchina della scuola primaria sono impegnati circa 6.500 docenti di ruolo. Ma l’organico di diritto non è sufficiente e ogni anno bisogna rimpinguare le cattedre vacanti con le supplenze. La scorsa settimana - dopo lo sblocco delle nomine degli insegnanti da parte dell’Ufficio scolastico territoriale con 72 ore di ritardo - oltre mille posti sono stati riservati proprio al personale docente della primaria: 620 erano dedicati al sostegno, 341 all’insegnamento dell’inglese e 44 posti sono stati accantonati per i vincitori di concorso. Un buco di un migliaio di cattedre tamponato dai precari, il cui rimpiazzo si rinnova ad ogni prima campanella - uno dei problemi cronici e storici della scuola italiana. In sostanza nelle primarie bresciane manca quasi il 15% del personale docente necessario.

Mille alunni in meno
Una percentuale che si è assottigliata col trascorrere degli anni, in maniera direttamente proporzionale alla flessione del totale degli iscritti alle elementari statali: erano quasi 60mila nel 2015, sono oltre 8mila in meno nel 2024. Uno scenario analogo al panorama nazionale: secondo il Censis negli ultimi 5 anni gli alunni italiani sono infatti passati da 8,6 a 8,2 milioni, pari al -4,7%. In un intervallo di tempo relativamente breve le sedie vuote in classe sono diventate oltre 403mila.
La provincia di Brescia, invece, perde ogni anno circa mille alunni, eppure di insegnanti c’è ancora bisogno. Ecco perché i dati dei test di ammissione e dei laureati in formazione è una buona notizia per il futuro. Ma oltre alla quantità c’è bisogno di qualità e di valorizzazione del ruolo. «Mi sono accorto quanto poco siamo stimati noi maestri elementari. Come se fare il "maestrino di scuola" fosse un "mestieruccio", e comunque fosse più facile che "fare" il poeta». Lo stesso Caproni se ne lamentava nel suo registro del ’59 - ’60. Sono trascorsi sessant’anni da allora, chissà che cosa direbbe oggi.
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