Diastasi addominale, primo passo per affrontare la malattia invisibile

In Consiglio regionale approvato un documento che impegna la Giunta lombarda a promuovere informazione, prevenzione e miglioramento della qualità della vita dei malati
La diastasi addominale è ancora poco conosciuta
La diastasi addominale è ancora poco conosciuta
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Tre donne su dieci, dopo il parto, soffrono di diastasi addominale, «una malattia invalidante, poco conosciuta, anche dagli specialisti, e spesso sottovalutata». A dirlo è Claudia Carzeri, consigliera regionale di casa nel Bresciano, al timone di un gruppo di lavoro che, dopo un percorso in Commissione Sanità, è riuscito a far passare in Consiglio regionale un documento (approvato all’unanimità) che impegna la Giunta Fontana a promuovere informazione, prevenzione e miglioramento della qualità della vita delle persone che soffrono di questa patologia.

Una patologia che si manifesta con l’allontanamento eccessivo dei muscoli retti dell’addome e comporta un disturbo funzionale, di difficile gestione fisica e psicologica. Ad essere interessate sono soprattutto le donne che hanno partorito, ma il problema può riguardare anche gli uomini.

Se ne parla poco

Seppur se ne parli poco, quella della diastasi addominale non è una questione di poco conto: «Il cedimento della parete addominale – spiega la consigliera - fa assumere posture sbagliate dando luogo a lombalgia, mal di schiena, incontinenza urinaria, alterazioni della normale funzione gastrointestinale, oltre al disturbo psicologico conseguente al fatto di non sentirsi a proprio agio con il fisico. Tutti questi aspetti impattano fortemente sulla qualità di vita delle pazienti e sulla conseguente decisione di rivolgersi al chirurgo per correggere questo tipo di patologia. Per questo era necessario sviluppare questa risoluzione che andasse a trovare delle soluzioni concrete». Ossia un impegno su tre fronti: campagne informative, prevenzione e formazione dell’area ostetrica.

«Abbiamo poi chiesto di trovare risorse con il Sistema sanitario nazionale per gli interventi chirurgici che in alcune situazioni si rendono necessari: attualmente solo in caso di presenza di ernie il Ssn copre l’intervento, mentre molte pazienti avrebbero bisogno comunque della microchirurgia anche con una sintomatologia meno grave».

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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