Antropocene, ogni mossa dell'uomo «ha devastato l’ecosistema»

Il termine «Antropocene» ha iniziato a diffondersi in modo deciso a partire dal 2000 su proposta dello scienziato Paul Crutzen, e si è affermato per indicare la realtà delle profonde trasformazioni generate dall'uomo sul pianeta. A questo tema, che rilancia una nuova sfida per l’umanità, ha dedicato un volume, «Antropocene. Una nuova epoca per la Terra, una sfida per l'umanità» (edizioni il Mulino), Emilio Padoa Schioppa, docente di Ecologia all'Università di Milano-Bicocca.
Professore, quali sono le maggiori evidenze che mostrano questa nuova fase storica per la Terra?
«La letteratura scientifica ha raccolto oramai una serie schiacciante di prove per affermare che le attività antropiche influenzano il sistema Terra nelle diverse componenti climatiche, geomorfologiche, chimiche e biologiche. Esempi particolarmente significativi sono l’emissione di gas a effetto serra (causata dalle attività antropiche) che ha prodotto un aumento medio delle temperature che non si era mai registrato nella storia dell'umanità; il 96 per cento della biomassa attuale dei mammiferi terrestri è rappresentato da animali domestici e da uomo e il solo 4% da mammiferi selvatici; le azioni dell’uomo erodono terra più di quanto non facciano i fiumi tutti insieme. Come è possibile dunque non attribuire un’impronta antropica fortissima al sistema Terra?».
Lei svolge attività di docenza di materie scientifiche all’Università di Milano-Bicocca, grazie alla quale ha un continuo confronto diretto con le nuove generazioni. È ai giovani che si affidano le speranze maggiori per invertire la rotta sulle criticità dell’ambiente a livello planetario?
«È un fatto che abbiamo di fronte una generazione che, con una consapevolezza certamente maggiore rispetto a quelle precedenti, ha posto il tema della crisi ambientale. E indubbiamente ha avuto un ruolo rilevante nel modificare e far aggiornare le agende politiche di molti paesi. È significativo - e secondo me anche segno della grande maturità di questo movimento - che spesso quello che ci dicono e che chiedono ai decisori è di guardare a quanto la scienza ha verificato in questi anni».
Sono poste molte speranze sul Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Il nostro paese si sta fortemente impegnando per una transizione ecologica che punti alla neutralità climatica, tuttavia i risultati della recente COP26 di Glasgow hanno ancora una volta evidenziato l’incapacità di coinvolgere tutti i paesi per il raggiungimento di traguardi più ambiziosi…
«L’Unione Europea, attraverso gli strumenti che hanno poi portato al Pnrr, ha proposto degli obiettivi lungimiranti e ambiziosi. Questi non sono sempre stati declinati in modo coerente nel Pnrr italiano, che - per quanto si possa semplificare in un documento lungo è articolato - propone per il nostro Paese prevalentemente una transizione energetica (necessaria ma non sufficiente), ma su altri punti (conservazione della biodiversità, tutela di ecosistemi e paesaggi) non è all’altezza delle aspettative.
I meccanismi decisionali di Cop26 peraltro ancora una volta hanno mostrato i limiti di questo approccio in cui è difficile prendere scelte vincolanti per tutti. D'altra parte alcuni passi avanti sono stati fatti, e come accaduto in passato nell'imboccare un percorso nuovo sono i primi passi i più difficili. È vero per contro che il tempo sta scadendo e scelte coraggiose non possono proprio essere rinviabili di molto».
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