La frattura scomposta nel M5s bresciano plasma le correnti

Portavoce cittadino e portavoce provinciale del Movimento 5 stelle si trovano su fronti diametralmente opposti: contiano il primo, grillino il secondo
Giuseppe Conte e Beppe Grillo - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it
Giuseppe Conte e Beppe Grillo - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it
AA

La frattura è scomposta. Al punto che portavoce cittadino e portavoce provinciale, a Brescia, si trovano su fronti diametralmente opposti: contiano il primo, grillino il secondo. E così - inesorabilmente - nel Movimento 5 stelle che quando è nato «schifava» i partiti fino ad affibbiare loro impietosi epiteti formulari, si fa largo una ulteriore dinamica che lo avvicina sempre più alle compagini tradizionali: le correnti.

Perché chi è fuggito amareggiato dalla metamorfosi da «partito biodegradabile» a «partito compostabile», lo ha fatto anni fa. I delusi di oggi, coloro che vedono come uno sgarbo grossolano e opportunistico la cacciata del fondatore, non hanno intenzione di andarsene: quantomeno non subito e non finché Grillo non avrà fatto chiarezza sul «progetto futuro» annunciato in modo sibillino. I delusi di oggi restano da arrabbiati. E inizieranno a fare quello che le correnti fanno.

Il portavoce provinciale Ferdinando Alberti, che oggi guarda Giuseppi con il fumo negli occhi, non voterà per la Costituente: «Conte è l’unico leader politico che perdendo le elezioni pretende di rafforzare la sua leadership. E lo dico io, che sono stato un suo gregario, perché mi sono attenuto alle sue indicazioni. Ma la verità è che non c’è più nulla: non ci sono né i valori e i temi delle origini, non c’è dialogo interno e non c’è neppure il beneficio del processo democratico che qualifica i partiti».

Dice, sempre Alberti, che gli è capitata sottomano una fotografia del 2009: un bel gruppo, quello bresciano, composto da una settantina di persone, «ma degli storici non è rimasto nessuno, siamo solo in cinque o sei in tutto. Questo vorrà dire pur qualcosa». Aggiunge il carico da novanta: «Oggi hanno paura delle piazze, basta con le alleanze strutturali. Io ho restituito 300mila euro alla collettività e sono orgoglioso di questo, ora sono diventati solo politici di professione, tutte le battaglie sono tradite, non resta nulla».

Ad Alberti non vanno giù neppure gli attori del «Grillicidio», a partire da Vito Crimi: «Lui ha tenuto in modo abusivo la leadeship per un anno e mezzo, senza convocare il congresso e ha aperto la strada a Conte» è l’accusa. Crimi ha tenuto il polso del Movimento in anni complicati: è stato il primo capogruppo a Palazzo Madama, il periodo del famoso straming con Bersani (insieme a Roberta Lombardi), ha attraversato la fase «dura e pura» dell’ostracismo al Pd, poi è stato sottosegretario nell’Esecutivo gialloverde, viceministro in quello giallorosso, fino alla gestione del dopo Di Maio come capo politico. Contattato (esattamente come Claudio Cominardi) ha preferito il no comment, per via «del ruolo tecnico che svolgo sulla piattaforma di voto».

Dall’altro lato della barricata c’è Luca Cremonini, portavoce cittadino, in questo frangente «contiano», come la maggioranza degli attuali militanti bresciani. Che spiega: «La Costituente è il passaggio più lineare. È chiaro che in questo frangente sono saltati fuori i nodi scoperti, a partire dal limite dei due mandati, che però andavano affrontati. Personalmente ero favorevole a mantenerli, ma in una democrazia interna si accetta la decisione della maggioranza, tenendo conto che si è sempre liberi di scegliere se stare oppure no all’interno di un progetto.Invece spiace vedere come il fatto che la base scelga diversamente sia l’innesto per voler estinguere il movimento».

Cremonini non pensa che una leadership non possa essere messa in discussione: «Ma per farlo bisogna mettere sul tavolo un’alternativa. E Grillo non lo è, così come non lo è pensare di tornare alle origini: chi protesta in nome di questo, doveva andarsene all’epoca del governo con la Lega, i tabù ormai sono caduti».

E se Andrea Paccagnella, già candidato alle Politiche, ha cancellato l’iscrizione al gruppo territoriale del Garda, a stare nel mezzo sono la consigliera regionale Paola Pollini e l’ex candidato sindaco e capogruppo in Loggia Guido Ghidini.

«Non ho apprezzato il gioco al massacro inscenato in queste settimane da entrambi gli schieramenti - commenta Paola Pollini, che ha votato «no» all’azzeramento della regola dei due mandati -. Bisogna prendere atto della volontà espressa dall’assemblea. Allo stesso modo vorrei che le restituzioni degli eletti fossero visibili ai cittadini e che quei fondi andassero a finanziare i progetti dei gruppi territoriali». Anche Guido Ghidini parteciperà al voto bis al via da domani a domenica: «La democrazia è il rispetto del voto, anche se non corrisponde con le scelte personali. Terminate le consultazioni, vorrei che ci fosse una ripresa del lavoro sui territori e auspico una ricomposizione delle diverse anime». Ma l’impressione è che lo scontro, da separati in casa, sia solo all’inizio.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato

Icona Newsletter

@News in 5 minuti

A sera il riassunto della giornata: i fatti principali, le novità per restare aggiornati.