M5s, Conte espelle Grillo: chiuso il contratto da 300mila euro

Tutti i protagonisti del M5s sono ritornati in pista in queste giornate, compreso Davide Casaleggio. Non per nulla, visto che si tratta di un tornante decisivo, quello del tentativo di espulsione di fatto e di chiusura di ogni relazione (non solamente «lavorativa») con Beppe Grillo. Per il quale, come ovvio, non c’è più spazio dentro il «PdC», il partito personale di Giuseppe Conte, con la corte di un gruppo di notabili a prova di bomba sotto il profilo della fedeltà e del lealismo nei confronti del nuovo capo.
Hanno avuto l’effetto di una detonazione le anticipazioni delle dichiarazioni del presidente pentastellato, contenute nel nuovo libro di Bruno Vespa – Hitler e Mussolini –, sulla fine del famoso-famigerato contratto da 300mila euro con il Garante per il suo «supporto alla comunicazione» del Movimento fondato insieme a Gianroberto Casaleggio.
Conte ha messo nero su bianco l’accusa di fare, in realtà, una «contro-comunicazione» che danneggia l’attuale corso, accompagnandola con la messa in piazza esplicita dei dissapori di natura personale («già in passato ha avuto atteggiamenti velenosi nei miei confronti»).
🔴Sul contratto di 300mila euro a Beppe Grillo, Giuseppe Conte ha cambiato idea
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Anche se, pronunciata in questi termini, presenta una parvenza da «asilo Mariuccia» con relative insofferenze condite di reciproci dispettucci, il nodo è di natura soprattutto politica. Ovvero, di potere e controllo dell’organizzazione. E a mettere quella che, dal punto di vista dei contiani, costituisce una pietra tombale sul rapporto, rincarando ulteriormente, sono arrivate le parole dell’ex premier a un evento pubblico tenutosi ieri a Napoli: «Il contratto con Beppe Grillo è in scadenza e non sarà rinnovato», dal momento che «è prevista una remunerazione che riguarda non la sua funzione di garante, ma i suoi servizi di comunicazione. Visto che non c’è più alcun servizio di questo tipo, vengono meno anche le ragioni di questa spesa che noi paghiamo con i soldi dei militanti e, quindi, devono essere amministrati con la massima cura, e non possiamo buttarli».
Mai epitaffio fu più chiaro e velenoso, verrebbe da dire, anche se la storia pentastellata ci ha abituato, letteralmente, a tutto e il contrario di tutto. In questo frangente, tuttavia, Conte ha voluto rendere plateale tutto il suo fastidio e la sua distanza da quel Cofondatore del Movimento che, nel corso degli ultimi due anni, non aveva perso occasione per dileggiarlo e metterne sarcasticamente alla berlina quelli che considera i suoi deficit di leadership e le sue mancanze complessive.
Uno scenario che dalla coabitazione sempre più difficoltosa conduceva necessariamente alla separazione, naturalmente non consensuale poiché finora erano appunto esistiti i «300mila buoni motivi» – come li aveva definiti Luigi Di Maio – che avevano tenuto Grillo avvinto al «suo» partito-movimento, e ne avevano (comunque malamente) contenuto sotto il livello di guardia gli attacchi nei confronti di Conte, l’«ufficiale pagatore» in quanto attuale leader.
Ma il rapporto personale – e si sa quanto l’empatia e la psicologia svolgano un ruolo essenziale anche nell’universo delle interazioni politiche – appare ora irreversibilmente consumato. E la debolezza complessiva della sua leadership, che ha perso il dominio dell’agenda politica del sinistracentro insieme alle speranze di egemonizzarlo, ha indotto l’ex «Avvocato del popolo» a rompere ogni indugio e a «mollare gli ormeggi».
Per alleggerirsi definitivamente di quello che considerava uno dei problemi principali. Ma la decisione, che gli farà risparmiare 300mila euro, avrà comunque un prezzo. Chi vivrà, vedrà. E ad alleggerirsi ulteriormente saranno sicuramente anche i consensi già «grillini»...
Massimiliano Panarari – Sociologo della comunicazione, Università di Modena e Reggio Emilia
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