Orsina: «Berlusconi fu divisivo, ma oggi lo si guarda con benevolenza»

Secondo appuntamento per il «Garda Lake History Festival» organizzato dal Centro studi Rsi stasera, alle 20.30, nella Sala dei Provveditori a Salò. Il politologo e docente Giovanni Orsina parlerà di Silvio Berlusconi. La conferenza sarà trasmessa in diretta sul canale YouTube del Centro studi sulla Repubblica Sociale Italiana.
Professor Orsina, Silvio Berlusconi, esecrato in vita, viene esaltato o comunque rivalutato in morte. Come mai?
È un’operazione che succede spesso, appena si acquietano le polemiche politiche ed emerge un quadro storico più equanime. Nel caso di Berlusconi, bisogna anche dire che è stato un personaggio politico particolarmente divisivo. Un po’ perché lui stesso ha alimentato lo scontro, un po’ perché la sinistra si è opposta a lui in modo particolarmente virulento e questo ha impedito per molti anni di guardare con più equanimità al periodo berlusconiano. È stata una stagione politica con alcuni aspetti negativi ma, guardata con gli occhi di oggi, si è portati a giudicarla con maggiore benevolenza.

Ci sono due aspetti che a noi sembrano caratterizzano l’epoca berlusconiana. Sono due aspetti che allora suscitarono scandalo, ma che poi si è scoperto essere dati strutturali della politica post-ideologica. Parliamo della nascita del partito personale e dell’affermarsi della figura del leader destinato a sovrastare l’organizzazione del partito. Allora sembrava che questi due dati comportassero lo scivolamento della democrazia verso forme di autoritarismo. Si è scoperto poi che sono tratti strutturali della democrazia moderna.
Lasciamo da parte il discorso relativo alle democrazie autoritarie che ci porterebbe troppo lontano. Limitiamoci a considerare la presunta propensione autoritaria del partito del leader. Questa accusa ha molto a che fare con la retorica politica, tutta italiana, che ha avuto come bersaglio prima Berlusconi, poi tutta una serie di altri leader. Di tutto questo non resta nulla di cui val la pena di parlare. O meglio, appare per quel che è: uno strumento di polemica politica che non aveva alcun fondamento all’epoca, come non l’ha oggi. Non si è voluto vedere che dopo la tempesta di Tangentopoli non era rimasto nulla dell’enorme area politica che va dalla Democrazia cristiana al partito socialista. L’unico modo per ricostruire quell’area politica era ricorrere ad una leadership mediatica. Chi se non Berlusconi aveva le caratteristiche giuste per dare rappresentanza a quest’area politica? È un fenomeno che s’era già visto in altri Paesi e che avremmo visto sempre di più in seguito. La ragione è semplice. È un fenomeno che ha a che vedere con la trasformazione della democrazia dopo il tramonto dei partiti di massa. C’è poi da tener conto di una peculiarità tutta italiana. Dopo Tangentopoli, di quest’area politica non c’era più nessun tipo di organizzazione. Berlusconi, intestandosi quest’area politica, ha dato il via alla democrazia dell’alternanza. In secondo luogo, sdoganata la destra post-fascista, ha contribuito a configurare uno schieramento di destra unitario. Una novità assoluta nella storia d’Italia.
Di questa operazione cosa è rimasto?
Secondo me, di questa operazione è rimasto praticamente tutto. Anzi, forse è quanto di Berlusconi è rimasto di più consolidato. Berlusconi ha scoperto che era sempre esistita una vasta area di destra senza una sua rappresentanza. Era un’opinione pubblica che non aveva mai avuto una sua casa e si era ridotta a votare Dc, per usare una famosa espressione di Montanelli, turandosi il naso. Berlusconi non solo scopre l’esistenza di questo elettorato, ma anche che è sostanzialmente unitario. È un grande blocco che non è particolarmente interessato alla politica. È politicamente perciò un po’ grossolano, ma appunto per questa sua grossolanità tende a unirsi piuttosto che a dividersi. Berlusconi capisce anche che la nuova legge elettorale promuove delle convergenze e per unire questo mondo attraversato da linee di divisione difficili da comporre ricorre all’espediente di dar vita a due coalizioni, una al nord e una al sud. Questa sostanziale unitarietà dell’opinione pubblica di destra è un dato che ritroviamo ancora oggi. I partiti che la rappresentano litigano, ma non si dividono perché sanno che sarebbero fortemente penalizzati dal loro elettorato, a fronte di un elettorato di sinistra che tende invece a dividersi.
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