Lo schiaffo di Brigitte a Emmanuel fa sorridere, ma resta una violenza

Lo schiaffo a reti unificate di Brigitte Trogneux al marito Emmanuel Macron deve fare riflettere
Brigitte Trogneaux e Emmanuel Macron
Brigitte Trogneaux e Emmanuel Macron
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Lo schiaffo a reti unificate di Brigitte Trogneux al marito presidente di Francia, (commentato ieri anche da Augusta Amolini) fa quasi sorridere, vero? «Una scaramuccia per allentare la tensione del viaggio», si sono affannati a precisare i media e i portavoce dell’Eliseo. «Un video falso, rimaneggiato dai russi», hanno cercato di sostenere altri.

Vista la differenza di età fra i due, 72 lei e 49 lui, e i ruoli fra loro preesistenti di alunno ed insegnante, la scena è parsa quasi normale ed esilarante. Ma non lo è e non deve esserlo. Forse se la osserviamo pensando al diverso clamore che avrebbe assunto a parti invertite arriviamo a meglio comprenderne la gravità all’interno della relazione di coppia e familiare.

Lo schiaffo rientra nella violenza fisica e domestica. «Un solo episodio di violenza giustifica “l’addebito della separazione”, con tutte le conseguenze del caso». «Il coniuge violento è sempre responsabile della separazione ed un singolo episodio di violenza è idoneo a sconvolgere definitivamente l’equilibrio della coppia poiché lesivo della dignità della persona», dice la Cassazione. È quindi un gesto che va assolutamente demonizzato, anche se volessimo ironicamente analizzarlo nell’ottica dell’«abuso dei mezzi di correzione» fra insegnante e allievo.

Questo surreale episodio mediatico, ripreso per caso dalle telecamere, deve ricordarci quante e quali forme può assumere la violenza endofamiliare che non è solo fisica ma anche: economica, agita in modo da rendere l’altra persona finanziariamente totalmente dipendente; psicologica, praticata con forme abusanti di controllo, isolamento, impedimento di interazione con altri, critiche, umiliazione, minacce, intimidazioni (violenza spesso non percepita dalla persona che la subisce).

Poi c’è la violenza sessuale, frequente anche all’interno di relazioni stabili. La violenza digitale quando l’aggressore tenta di utilizzare la rete per estorcere informazioni all’altro, ricattarlo, umiliarlo, denigrarlo. La violenza indiretta, che si realizza nelle coppie con figli quando un genitore li strumentalizza per danneggiare l’altro ed infine la violenza assistita dai minori. Nessuna di loro è priva di conseguenze non solo a livello normativo ma anche a livello psicologico.

Il disagio di una coppia mediatica non deve quindi suscitare sorrisi ma indurci a riflettere e a comprendere soprattutto quali meccanismi interiori conducano a queste deviazioni paradossali della più antica ed ancestrale espressione della natura umana: le emozioni.

Come disinnescare il gesto di Brigitte? E di molti attori violenti della nostra esistenza? Ce lo ricorda il padre di questa rubrica, M. Rosemberg, per il quale: «Una forma diffusa di abuso di potere sta nell’utilizzo del concetto di colpa. Si parte dall’idea che siano gli altri a creare i nostri sentimenti. Poi consideriamo gli altri responsabili del nostro malessere. Diciamo ad esempio: “Tu mi hai ferito”, “Mi stai deludendo” o ancora “Mi fai arrabbiare”. “Un aspetto centrale della Comunicazione Non Violenta, sta invece nell’essere consapevoli che gli altri non sono responsabili dei nostri sentimenti. L’unico elemento che influisce sui nostri sentimenti è l’attitudine interiore, a partire dalla quale reagiamo. Il comportamento dell’altro può essere forse lo stimolo per la nostra rabbia, ma certamente non la causa. La causa della nostra rabbia è ciò che pensiamo dell’altra persona. Sono i nostri pensieri che ci fanno arrabbiare e non l’altra persona». Pensiamoci più spesso prima di agire irrimediabilmente.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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