Turchia e Ue, alleate per necessità dopo anni di rapporti gelidi

Nulla è cambiato, Erdogan è ancora più autoritario, ma l’amicizia deriva dagli sconvolgimenti geopolitici in atto
Tayyip Erdogan - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it
Tayyip Erdogan - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it
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Per anni, un decennio almeno, i rapporti tra l’Ue e la Turchia sono rimasti nel congelatore. Ora assistiamo a un revival. Forse la Turchia ha imboccato il sentiero di un maggior rispetto dei diritti umani? O ha abbandonato quello della democrazia illiberale? No, non vi sono cambiamenti. Anzi, il sultano Erdogan pare vieppiù forte, autoritario.

Non di questione valoriale si tratta, ma di business generato dagli sconvolgimenti geopolitici in atto, ma soprattutto da quelli in divenire, per i quali la Turchia si prepara per trarne il massimo vantaggio, economico e politico. Il nostro Donald, premier del paese (Polonia) detentore della presidenza semestrale del Consiglio dell’Ue, è ad Ankara in questi giorni. Proprio per discutere quale potrebbe essere il ruolo della Turchia nell’architettura della sicurezza europea.

Tusk è un convinto sostenitore, così come un crescente numero di leader, politici e commentatori europei, di quanto sia indispensabile rafforzare la nostra capacità di autodifesa, a tutela delle libertà civiche e individuali. Quelle, insomma, adottate e propagandate come fossero intangibili, perché scolpite in modo indelebile nelle tavole dei trattati Ue o della Carta dei diritti fondamentali. Ora, tuttavia scopriamo un’amara verità: quelle libertà vanno difese, per farlo ci vuole una forza di deterrenza. Insomma, dobbiamo investire in armamenti se vogliamo rimanere liberi. Per consegnare alle future generazioni quella società, figlia dell’Europa dell’integrazione e della quale siamo i veri fruitori, permeata di pace, pace nelle libertà. Come nel caso della Grande recessione, non abbiamo previsto le crisi. Ora come allora dobbiamo correre per predisporre gli strumenti atti a gestirla.

Può essere la Turchia un possibile partner? Il suo esercito è il secondo nella Nato; da decenni è abituato a combattere (contro il terrorismo), cosa di non poca rilevanza. Le esportazioni di armi sono cresciute del 30 per cento, per oltrepassare i 7 miliardi di dollari nel 2024. L’industria della difesa mira all’autonomia strategica. Certo è ancora dipendente dagli Usa in armamenti quali gli F35, ma è leader nelle tecnologie per i droni, armi sempre più efficaci e poco o per nulla costose in termini di vite umane e in termini economici. La produzione di armi dell’Europa è frammentata. Di conseguenza, nel breve termine, l’Ue non può produrre il necessario a compensare il chiudersi dell’ombrello Usa. Un divario colmabile, almeno in parte, con acquisti dalla Turchia. «È inconcepibile istituire la sicurezza europea senza la Turchia», parole di Erdogan dopo il vertice di Londra di inizio marzo. «Senza la Turchia, diventa sempre più impossibile per l’Europa continuare a svolgere il suo ruolo di attore globale», ha poi aggiunto.

Pur non applicando le decisioni Nato, la Turchia ha mantenuto in questi anni un dialogo aperto con la Russia. Ha ricevuto sia Zelensky sia Lavrov. Sultano e Zar si sono parlati e si parlano. Il secondo ha bisogno del primo più di quanto non si creda, anche per via degli sviluppi siriani. Certo l’irrompere del Donald americano ha spiazzato Erdogan, ma a un certo punto delle trattative il ruolo del presidente turco potrebbe riprendere peso. Potrebbe anche aiutarci nel toglierci qualche impaccio, perché la Turchia è disposta ad inviare sue truppe in funzione di peacekeeping. Il valore aggiunto della Turchia, nella costruzione di una difesa-sicurezza europea, potrebbe andare oltre gli scambi commerciali e le partnership industriali.

Viviamo un momento in cui l’influenza occidentale sta calando. La Turchia ha trasceso il suo status di attore regionale, divenendo un attore globale nella diplomazia. Forme ragionate e soppesate di collaborazione potranno tornarci utili. Soprattutto se visti, paradossalmente, nell’ottica di difesa di quei valori di libertà e democrazia dei quali il Paese di Erdogan non è certo uno dei migliori esempi.

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