Train surfing, «Non chiamatele bravate: gli adulti diano regole»
Fanno tremare i polsi le immagini riprese dal tetto di un treno in corsa che mostrano i ragazzi che vi sono saliti che devono stare in equilibrio o distendersi quando il convoglio passa sotto un ponte. Fanno tremare gli adulti, ma non tanto i protagonisti, cioè quei giovani che amano il rischio.
La «challenge», così come la chiamiamo oggi, è una sfida estrema che spesso è solo un gioco, un divertimento di queste generazioni che sembra vogliano mettersi alla prova almeno in apparenza.
Perché se una volta la spinta, in adolescenza, era la trasgressione per far vedere a se stessi e ai grandi che non si era più bambini, che il corpo era cresciuto e si sapevano fare cose da grandi, che prima non si potevano fare, oggi non è più così.
Non è più far vedere, ma un farsi vedere. E ogni «challenge» che si rispetti, come sappiamo, ha sempre qualcuno che filma e documenta le azioni, anche le più pericolose e mortifere.
È un mostrarsi, avere visibilità, essere popolari, finendo sui circuiti globali della rete dei social.
E perché si fa questo? Forse anche per mancanza di limiti e assenza di confini alle azioni. Ovvero, carenza di regole, regole che non vengono più poste dai grandi. Allora smettiamola, per favore, di chiamarle «bravate», perché non lo sono. Non sono bravate.
Se noi grandi per primi le chiamiamo così, è come dire: «Dai, ragazzi, si può fare di più. Si può alzare il tiro». È così che le challenge stanno diventando sempre più pericolose e si riduce la percezione del rischio in adolescenza.
Non è più trasgressione, perché nessuno dice più fino a dove si può arrivare, ma bisogno elevato di realizzare quella convenzione, comune per tutti, del «tutto è possibile».

E invece no. Non è tutto possibile, non è tutto consentito. Gli adulti di riferimento dovrebbero educare al limite, insegnare che siamo fragili, vulnerabili. Non si cresce con queste prove, ma si diventa grandi riconoscendo i confini e le regole, magari trasgredendoli e assumendosene la responsabilità.
Agli adulti, io credo, competa proprio questo: non spingere alla competizione sempre più accesa, ma educare al senso del limite e al pensiero critico, e insegnare l’autocontrollo.
Altrimenti queste sfide sono destinate ad aumentare.
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
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