Ora l’«Effetto Gaza» travalica ogni distanza

Prima del 2002 in Australia non esisteva un livello di allerta antiterrorismo. Fu alzato per la prima volta nel 2014, pochi mesi prima che un uomo armato prendesse in ostaggio alcuni clienti di un caffè a Sidney, costringendoli a esporre la bandiera nera dell’Isis alla finestra del locale.
Da quel momento il Paese ha visto alternarsi attacchi di matrice jihadista a quelli dell’estremismo di destra, dando concretezza alla cosiddetta radicalizzazione reciproca: il processo per cui l’estremismo di un gruppo giustifica o intensifica quello dell’altro in un ciclo di escalation violenta.
Gli attentati e i complotti delle ultime ore, dalla festa di Hanukkah sul Pacifico ai mercatini dell’Avvento in Germania, riconfermano che non esiste più periferia: il conflitto di Gaza e il suo portato di radicalizzazione raggiungono con la stessa intensità Sydney, Berlino, Parigi, Milano. La distanza non protegge più. Al contrario, viene compressa e annullata da reti sociali, flussi informativi e catene di emulazione.
L’ultimo rapporto Te-Sat 2024 di Europol, la fotografia più autorevole dello stato del terrorismo nell’Unione Europea, lo mostra chiaramente: l’attacco di Hamas del 7 ottobre 2023 e la successiva guerra nella Striscia hanno «generato movimenti aggiuntivi in tutte le scene del terrorismo e dell’estremismo violento», dal jihadismo all’estrema destra, fino all’eco-terrorismo e ai gruppi anarchici.
Non è un aspetto marginale: implica che Gaza non ha un impatto militante soltanto nel perimetro mediorientale, ma diviene un catalizzatore globale, una cornice emotiva che attori radicali di diversa natura impiegano per conferire legittimità alle proprie agende.
L’Effetto Gaza è un evento soglia e acceleratore di radicalizzazione. Non crea il terrorismo dal nulla, ma offre a soggetti già fragili, marginalizzati o politicamente arrabbiati una narrazione di ingiustizia assoluta, nella quale la violenza contro ebrei o simboli dell’Occidente viene percepita come vendetta o autodifesa.
Studi sul reclutamento jihadista mostrano come le immagini delle distruzioni a Gaza vengano utilizzate per mobilitare una nuova generazione di combattenti, riproponendo dinamiche già viste in Cecenia, dopo l’invasione dell’Iraq o durante la Seconda Intifada.
È all’interno di questo immaginario di vittimizzazione e rivalsa, in cui prospera un antisemitismo non più latente, testimoniato dall’aumento globale del 340% degli episodi rispetto al 2022, che il terrorismo islamista contemporaneo ha perfezionato una dottrina di dissacrazione liturgica.
Singoli individui o cellule prive di una regia superiore mirano a colpire l’Occidente (e l’Ebraismo che ne è radice) nei suoi momenti di massima aggregazione. Hanukkah e Natale non sono solo feste religiose; sono i bastioni della vita comunitaria e colpirli significa mirare alla stessa coesione sociale.
Amid the chaos of the mass shooting at a Hanukkah celebration in Bondi Beach, a civilian intervened, tackling and disarming the shooter and forcing him to the ground before police arrived. pic.twitter.com/CueVU9CSyy
— The Jerusalem Post (@Jerusalem_Post) December 14, 2025
Per l’Europa, così come per l’Italia, questa combinazione di fattori apre almeno tre fronti strategici. Anzitutto, la sicurezza «fisica» dei luoghi simbolici e delle comunità ebraiche, che non può più essere trattata come misura emergenziale, ma richiede risposte strutturali.
In secondo luogo, la gestione dello spazio pubblico: con un conflitto mediorientale destinato a perdurare, la mobilitazione permanente va regolata distinguendo con fermezza tra legittima critica politica e incitamento all’odio o negazione del diritto di Israele a esistere.
Infine, la sfida educativa: le democrazie devono investire in alfabetizzazione digitale, educazione storica e formazione critica per disinnescare le narrazioni polarizzanti. È tempo che anche l’Italia colmi il suo ritardo storico, recuperando l’intuizione, rimasta colpevolmente inattuata, della proposta D’Ambruoso del 2016.
La riproposizione odierna, in questo 2025 segnato dal ritorno del terrore globale, di quel disegno di legge sulla prevenzione della radicalizzazione non è un mero atto burocratico, ma una necessità di sicurezza nazionale. Serve dotare il Paese di quella via mediana fatta di misure amministrative, formazione degli operatori e percorsi di de-radicalizzazione che costituiscono un’infrastruttura civile in grado di disinnescare i percorsi dell’estremismo prima che la radicalizzazione cognitiva divenga operativa.
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato
@News in 5 minuti
A sera il riassunto della giornata: i fatti principali, le novità per restare aggiornati.
