Nadal dice basta: eterno onore al re del dritto in top

La fine di una carriera e, quasi, quella di un’era. L’epoca dei «big three», infatti, si chiuderà definitivamente solo quando anche Djokovic smetterà di giocare a tennis. L’epopea delle clamorose battaglie con Federer, invece, era già giunta al capolinea nel 2022.
Rafael Nadal ha detto stop. A 38 anni, e dopo un anno davvero complicato, ha annunciato che la sua last dance sarà alle Finals di Coppa Davis a Malaga, il mese prossimo. I numeri da snocciolare sarebbero moltissimi. Bastino i seguenti: 22 vittorie di tornei Slam, 14 trionfi al Roland Garros (nessuno come lui, il secondo è Borg, con 8 coppe in meno), altri 70 tornei vinti in singolare, 36 dei quali Masters 1000, 900 settimane tra i migliori 10 del ranking Atp.
Al di là di tutte le elucubrazioni possibili riguardo ai «big three», con la fine della carriera di Nadal - questo pensiero è naturalmente opinabile - pare volgere al termine anche l’era dei giocatori con tante caratteristiche tecniche straordinarie e una dote leggendaria.
Nel caso del maiorchino, il super potere tecnico è stato il dritto. Mancino, in topspin esasperato, letale sulla terra (o lo si anticipa, o si risponde metri fuori dal campo, o si sale su una scala a pioli per «tirarlo giù»). Certo, si dirà: e la sua forza mentale? E lo strapotere fisico? Sono stati tanto letali quanto il «forehand» dello spagnolo. Un colpo, questo sì, difficilmente imitabile, se è vero che la pallina da lui colpita può raggiungere e superare i 4.900 giri al minuto. Leggenda vuole che abbia iniziato a svilupparlo da giovanissimo, quando zio Toni, il coach, lo metteva di fronte ad avversari molto più grandi e potenti di lui.
Per difendersi, il giovane Rafa aveva iniziato ad arrotare e arrotare. Con gli anni, quel dritto sarebbe diventato un’arma micidiale. E Rafa avrebbe sviluppato una palla magari non precisa come quella di Federer o Djokovic, ma dotata di una «pesantezza» unica, in grado di sfiancare chiunque, soprattutto in occasione degli scambi lunghi, soprattutto sulla terra. Il presente e il futuro del tennis parlano di altro. Il gioco - di per sé in costante evoluzione - sta cambiando ancora.
E mentre Mats Wilander spacca il mondo della racchetta affermando che Sinner e Alcaraz sono già adesso meglio di Federer, Nadal e Djokovic, c’è chi sottolinea che questo sport è destinato a diventare di nuovo più verticale e offensivo, meno incentrato sulle rotazioni, caratterizzato da scambi più brevi (il punto sempre più indirizzato da servizio, risposta e dai due colpi immediatamente successivi).
Sinner spacca le palline da ogni posizione del campo, tanto di dritto quanto di rovescio. Alcaraz è incredibile, perché sa fare qualsiasi cosa («remare», accelerare, giocare a rete, correre, servire, e ha riscritto le leggi della palla corta). Rafa smette in questo contesto storico. Fiaccato da età e infortuni. Non prima di aver dato tutto, di aver scritto la storia, di aver dato l’esempio. Non prima di essere diventato leggenda.
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