Mattarella e Draghi sono i pilastri dell’europeismo

L’Europa ha due pilastri autentici in questo momento di grande difficoltà e sbandamento e di sovranisti all’assalto ringalluzziti dal (devastante) «tornado Donald». E sono entrambi italiani: Sergio Mattarella e Mario Draghi, dotati di un (differente) ruolo su scala continentale rispetto a un’Unione europea contraddistinta da molti leader palesemente inadeguati al cospetto delle problematiche e delle sfide in corso, a partire dal cancelliere della tormentatissima Germania Olaf Scholz, e da altri, come Emmanuel Macron, che si trovano a dover cercare di fronteggiare enormi difficoltà e hanno commesso diversi errori gravi pur avendo le idee chiare su cosa andrebbe fatto.
Nei giorni scorsi la cosiddetta «operazione militare speciale» putiniana – vale a dire l’invasione dell’Ucraina, per uscire dalla lingua orwelliana del potere russo – ha vissuto l’ennesimo capitolo squallidamente propagandistico che ha eletto a vittima designata il presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
A capitanare l’assalto una nota alfiera della postverità: Maria Zakharova, la portavoce del Ministero degli esteri. Gli insulti vergognosi e le dichiarazioni scomposte e irricevibili dei propagandisti di Putin contro il nostro capo dello Stato segnalano il tenore autentico e la visione del mondo di questa autocrazia che, malauguratamente, tanto piace a vari settori della nostra opinione pubblica. E che, quanto meno «non dispiace», a svariati altri della classe politica, come conferma la mancata partecipazione di leghisti e pentastellati alla standing ovation tributata dalla Camera dei deputati a Mattarella.
#Mattarella. In apertura di seduta, la solidarietà del Presidente del Senato @Ignazio_LaRussa al Presidente della Repubblica per gli attacchi della portavoce del Ministero degli esteri russo Lavrov, Maria #Zakharova. Immagini #SenatoTV pic.twitter.com/FidkCE32Bw
— Senato Repubblica (@SenatoStampa) February 18, 2025
Ecco, dunque, che la disinformazione – quella orizzontalizzata, delle piattaforme, delle fabbriche dei troll, della retorica antisistema – di cui i vertici russi si avvalgono sotto la forma della black propaganda (o «propaganda occulta») si affianca ora all’aggressione diretta contro una figura come il nostro presidente che ha ispirato i suoi mandati alla difesa della Costituzione repubblicana all’interno e alla fedeltà all’atlantismo (declinato secondo la concezione dell’ordinamento liberale e della protezione dei diritti umani) in politica estera.
Si tratta di un segnale di nervosismo e, al medesimo tempo, di viltà del Cremlino, che si sente rassicurato (a proposito di segni infausti del tempo) dal ritorno alla Casa Bianca di Trump, la cui «filosofia» delle nuove relazioni internazionali è stata chiaramente effigiata dal discorso del vicepresidente J.D. Vance alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco. Oltre che dall’immediata apertura di un canale di comunicazione con Mosca molto apprezzato dal dittatore e dalla sua corte. I cui insulti contro Mattarella evidenziano giustappunto anche quanto, in questo continente in difficoltà, il nostro presidente (figlio di quella cultura del cattolicesimo politico democratico che ha generato una delle radici fondamentali dell’europeismo) sia appunto una figura chiave, da tutelare senza se e senza ma.
Pertanto, il comunicato emesso in sua difesa da parte del governo Meloni si è rivelato ovviamente doveroso, anche se il recentissimo vertice di Parigi continua a palesare la sua ambiguità in politica estera, come tipico (di più, strutturale) del neopopulismo. Un aspetto che mostra, altresì, come, da tempo, la premier abbia preso le distanze dall’altro pilastro italiano dell’Europa, l’ex presidente della Bce e del Consiglio italiano Draghi, i cui interventi degli ultimi giorni ribadiscono quanto risulti delineata e precisa la sua idea riguardo la strada che andrebbe intrapresa di fronte alla scossa (letale) impressa da Trump a quell’ordinamento liberale internazionale che il vecchio-nuovo presidente degli Usa vuole convertire in un confronto bilaterale fra potenze.
Una visione lucidissima quella draghiana, a differenza della sbiadita e debole leadership della Commissione europea, imprigionata da troppi no e veti incrociati di tipo nazionale, oltre che dal perpetuarsi del modello egemone tedesco del surplus commerciale, ora naufragato, che ha ingessato e schiacciato l’economia continentale e impedito uno sviluppo autentico dell’innovazione scientifica e tecnologica.
Massimiliano Panarari - Sociologo della comunicazione, Università di Modena e Reggio Emilia
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