La guerra in Ucraina continua tra morti e impiego di risorse

Al di là di quanto potrà essere «giusto» un accordo sull’Ucraina concordato tra Trump e Putin escludendo di fatto dalle trattative Kiev e l’Europa, la guerra continua prorogando il terribile tributo di sangue e l’impiego logorante di risorse. Dopo tre anni il conflitto, iniziato con l’invasione russa del 24 febbraio 2022 (proditoria escalation dei combattimenti nell’Est ucraino in atto dal 2014) non si è ridotto.
L’offensiva di Mosca nel Donbass prosegue da mesi, anche se le porzioni di territorio conquistate da inizio 2025 sono molto inferiori a quelle messe di novembre e dicembre: ma il dato delle superfici non è significativo. I russi, infatti, hanno preso Toretsk, Vuhledar, Chasiv Yar, Kurakhove e Velika Novosylka, cioè quasi tutti i capisaldi della linea fortificata ucraina del 2014: conquiste in molti casi assai ardue tanto che molte grandi unità russe sono ora in fase di riorganizzazione. Gli ucraini hanno percepito il calo di intensità e in alcuni casi hanno contrattaccato (come a Udachne), rallentando la progressione avversaria.
"There are many ways of going forward, but only one way of standing still."
— Defense of Ukraine (@DefenceU) February 17, 2025
Franklin D. Roosevelt
The combat losses of the enemy from February 24, 2022 to February 17, 2025. pic.twitter.com/PEUKiFnnxi
Il nodo nevralgico resta Pokrovsk (data per caduta da molte settimane), dove gli ucraini occupano ancora posizioni sopraelevate, ma difficilmente resisteranno a lungo, perché l’armata di Mosca sta completando l’accerchiamento. La strategia è consolidata: le città fortificate vengono aggirate sui fianchi, sfruttando zone carenti delle difese ucraine, per concentrare più forze nell’area: accade anche a Kupiansk, dove la testa di ponte russa al di là del fiume Oskil è sempre più ampia, a Izyum (dove da un anno i russi non riuscivano a passare), a Makivka, Kopanki e Jerebez; anche a Chasiv Yar (gli ucraini resistono solo in centro) e Bakhmut le due teste di ponte sono ormai collegate.
Ora l’offensiva punta a Sivers, Sud di Lyman, importante come base logistica in vista del probabile assedio a Kramatorsk e Sloviansk, le due grandi città che mancano per completare la conquista degli oblast rivendicati da Mosca come territorio russo.
💬 Maria #Zakharova on media reports regarding Pentagon chief @PeteHegseth statement that the US does not consider Ukraine's NATO membership a condition for negotiations.
— MFA Russia 🇷🇺 (@mfa_russia) February 14, 2025
❗️ It's realism, not a compromise.
We have always stated that Ukraine's NATO membership is unacceptable. pic.twitter.com/jH0rWR4qjD
Questo spiega anche perché le unità ucraine, logorate da mesi al fronte senza che nessuno le abbia rimpiazzate (anche se qualche migliaio di uomini è stato «recuperato» dalle unità missilistiche e logistiche) paiono ostinarsi a difendere posizioni insostenibili: è che caduti gli ultimi capisaldi, come sta per accadere a Pokrovsk, si apriranno ampi spazi privi di vere difese, che consentirebbero ai russi di progredire nell’oblast di Dnipro (Dnipropetrovs'k). Avanzata che potrebbe costringere Kiev a cedere più ampi territori, arroccandosi sulla linea del grande fiume Dnepr, ostacolo insuperabile.
Ma il fatto che Putin si dimostri disponibile a trattare, indica che anche per Mosca la situazione non è semplice: i droni ucraini hanno colpito duramente una ventina di raffinerie in Russia e pare che i rifornimenti di carburante ai jet comincino a scarseggiare (lo conferma un notevole calo di attività aerea al fronte). Inoltre sono molte migliaia i carri armati e i blindati distrutti e la macchina industriale russa non può rimpiazzarli in eterno (lo rivelano le foto satellitari dei depositi siberiani di mezzi da riattare sempre più vuoti).
E non s’arresta neppure la conta dolorosa di caduti e feriti. La poco credibile narrazione vuole che Mosca perda mille soldati al giorno: in tre anni significherebbe averne persi oltre un milione. Sicuramente, però, i tristi numeri sono a sei cifre e ciò incide anche sulle risorse che il Cremlino destina alle famiglie dei caduti, senza contare che pagare (il quadruplo del consueto), mantenere e rifornire seicentomila uomini su un fronte di settecento km è impresa titanica.
Ukrainian officials have reacted with shock and confusion to the news that top Trump administration officials are traveling to Saudi Arabia to start peace talks with Russia — and that Ukrainians were also apparently coming.
— POLITICO (@politico) February 16, 2025
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Le performances russe, pur progressivamente migliorate, non sono state ottimali: dopo tre anni si sta combattendo a non più di 30 km dalla linea di contatto del 2014 e nel Kursk le forze ucraine occupano ancora circa 400 dei mille kmq presi sei mesi fa e lo stesso Putin ha ammesso in tv che la situazione là è “complicata” (ma è difficile credere alla rilevanza di un quadrato di 20 km di lato come merce di scambio di territori tra Kiev e Mosca).
Gli ucraini (che hanno commesso molti errori, soprattutto per contrasti tra politici e militari e tra i militari stessi) han combattuto e combattono oltre ogni aspettativa, ma hanno disperato bisogno del sostegno americano ed europeo, con l’Europa che ha visto messe a nudo tutte le sue debolezze e incertezze e che si rifugia sempre in slogan quasi mai tradotti in pratica.
Intanto l’arrembante decisionista Trump non bada troppo alla veridicità. A cominciare dai 300 miliardi di dollari di aiuti secondo lui forniti all’Ucraina: in realtà sono 175, oltre metà dei quali spesi a favore dell’industria americana per rimpiazzare i materiali donati. O dal 5% nel rapporto spese per la difesa/Pil chiesto agli europei (a fronte del 3,3% di Washington): purché, ovviamente, speso in buona parte per dotazioni «made in Usa».
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