Il dilemma democratico e il caso Marine Le Pen

La notizia della condanna di Marine Le Pen per una frode milionaria ai danni del Parlamento europeo e della sua conseguente ineleggibilità per cinque anni alle cariche pubbliche – quindi anche all’Eliseo nel 2027 – non può essere letta semplicemente dal punto di vista giudiziario. Lo dimostra anche l’ondata di reazioni in sua difesa da parte dell’internazionale sovranista: da Viktor Orbán a Geert Wilders, da Elon Musk alla ormai onnipresente portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, che da Mosca ha denunciato addirittura «l’agonia della democrazia liberale». Senza dimenticare ovviamente Matteo Salvini, il cui percorso politico in Europa è sempre stato al fianco di Marine Le Pen e del suo partito.
#JeSoutiensMarine@MLP_officiel pic.twitter.com/RtQM3ov0pP
— Matteo Salvini (@matteosalvinimi) March 31, 2025
Il caso che coinvolge la leader del Rassemblement National può essere letto a più livelli, al netto degli effetti sulla politica francese. Non è certo la prima deputata europea a essere condannata per la distrazione di fondi, in questo caso per l’utilizzo improprio del denaro dell’Europarlamento al fine di pagare assistenti e personale del RN.
La contraddizione
Fa semmai riflettere il fatto che Marine Le Pen abbia sempre attaccato le istituzioni europee, descrivendole come il centro di un potere corrotto, quando in realtà proprio da quella «fonte di ogni male» faceva affluire milioni di euro a favore del suo partito.
Una contraddizione che negli anni si è ripetuta anche a livello di Stati membri, dall’Ungheria di Orbán alla Polonia di Morawiecki: governi sempre ostili alle azioni comunitarie e al processo di integrazione federale, nonché critici di una certa idea di solidarietà europea – a partire dalla redistribuzione dei migranti – ma al contempo in prima fila nel battere cassa a Bruxelles per ottenere fondi di coesione e sviluppo.
Ma questo è, tutto sommato, un livello base di analisi: gli scandali finanziari dei partiti sovranisti e populisti e l’atteggiamento da free rider (ovvero l’approccio opportunistico) degli Stati guidati da leader euroscettici.
I «sabotatori» della democrazia

Vi è poi un secondo livello di considerazioni, legato alla condanna di Le Pen: riguarda la capacità delle istituzioni democratiche di sbarrare la strada a quelli che potremmo definire «sabotatori» della democrazia. Troppo spesso, in questi anni, abbiamo assistito a forze politiche che, usando le regole democratiche, puntavano alla conquista del potere per poi piegare lo stato di diritto e distorcere le stesse regole democratiche.
Un dibattito che attraversa l’Europa è proprio quello su come poter fermare, nel rispetto delle regole, partiti che possono democraticamente concorrere alle elezioni ma che di democratico hanno ben poco, a partire dai messaggi e dalle piattaforme elettorali. Un esempio su tutti è Alternative für Deutschland, i cui leader hanno più volte fatto espliciti riferimenti al neonazismo e all’antisemitismo, oltre a proporre la remigrazione di massa dei migranti e delle seconde generazioni.
Quello dei diritti è in effetti un tema caro anche al Rassemblement National, ovviamente in chiave escludente: i lepenisti hanno già presentato un progetto di legge (poi bocciato) che prevedeva il divieto, per chi ha doppia cittadinanza, di accedere a incarichi nella pubblica amministrazione. I partiti riuniti da Orbán nel gruppo dei «Patrioti per l’Europa» e da AfD in quello «Europa delle Nazioni sovrane» mostrano una marcata posizione filorussa e l’intenzione di smantellare l’Unione Europea.
Di fronte alla recente avanzata dell’internazionale sovranista in Europa, sono tornati d’attualità due saggi scritti nel 1937 dal giurista ebreo tedesco Karl Loewenstein sulla cosiddetta «democrazia militante», che avrebbe dovuto impedire in tutti i modi l’ascesa del nazismo e delle sue varie gemmazioni nel resto d’Europa (Croci Frecciate, Guardie di Ferro, ecc.). In Germania si è discusso della possibilità di mettere fuori legge AfD per i suoi continui richiami al nazismo; in Romania sono state annullate le elezioni presidenziali per l’ingerenza russa e il sostegno di Mosca al candidato dell’estrema destra.
Ora, a Marine Le Pen viene di fatto preclusa la possibilità di candidarsi alle Presidenziali, e già si registrano appelli al popolo per mobilitarsi. Ma il punto è un altro: la democrazia si è mobilitata e si è protetta, secondo la legge, per colpire chi – in fondo – non crede nei valori su cui poggia il nostro vivere democratico.
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