L’Italia alla Cop29 fra grandi assenti in un mondo in bilico

Un tema centrale è quello della finanza climatica, moltiplicando per 10 quei 100 miliardi di dollari decisi nelle ultime Cop di supporto ai Paesi «deficitari e più poveri»
Meloni durante il suo intervento alla Cop29 - Foto Ansa/Epa/Igor Kovalenko © www.giornaledibrescia.it
Meloni durante il suo intervento alla Cop29 - Foto Ansa/Epa/Igor Kovalenko © www.giornaledibrescia.it
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Allora servono azioni concrete per continuare sulla strada della transizione dovendo registrare che siamo già oltre la soglia dell’1,5° rispetto all’epoca pre-industriale e fissata negli obiettivi degli Accordi di Parigi 2015. I record non si fermano e il 2024 secondo Copernicus Climate Change sarà l’anno più caldo di sempre con la previsione di toccare i 3° entro il 2100.

La presenza dell’Italia sarà «accelerativa o decelerativa»? Dunque di cosa discuterranno quest’anno i 50mila delegati e sapranno andare oltre il «transition away» di Dubai di Cop28 come exit graduale dal fossile? Un tema centrale allora è quello della finanza climatica ossia moltiplicando per 10 quei 100 miliardi di dollari decisi nelle ultime Cop di supporto ai Paesi «deficitari e più poveri», perché l’obbiettivo è accelerare visti i ritardi, ma l’assenza e fragilità di molti grandi leader lo rende un obiettivo proibitivo (e la presidenza di un ex petroliere certo non aiuta), anche se non impossibile, per l’urgenza di mitigare e adattare l’impatto delle emissioni che continuano a crescere (l’Onu parla di +1,3% nell’ultimo anno), con una febbre del pianeta che dobbiamo continuare a «raffreddare».

La Conferenza delle Parti, a Baku - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it
La Conferenza delle Parti, a Baku - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it

L’elezione di Trump – come già noto e che il Wall Street Journal conferma – non aiuta avendo già anticipata l’uscita dagli Accordi di Parigi all’insegna del «Drill baby drill» e spinte al fracking che abbassano i prezzi provando a spegnere anche l’Inflation Reduction Act di Biden come il più potente piano verde Usa degli ultimi anni gonfiando le emissioni di CO2 di 4 miliardi di tonnellate entro il 2030 (pari a quelle congiunte di Ue e Giappone). Tuttavia la Cina sta accelerando sull’elettrificazione e fotovoltaico e non solo delle auto e qui si vedrà il ruolo di Elon Musk e i suoi interessi cinesi come peseranno sulla trattativa dietro le quinte.

Chiara ed evidente dunque la difficoltà della delegazione Usa a Baku «cotta» tra due fuochi interni. Riuscirà John Podesta a convincere gli alleati che si tratterà di una semplice «decelerazione» ma non di uno stop alla transizione verde? Considerando che l’Amministrazione Biden sta cercando di accelerare la spesa delle sovvenzioni climatiche per attenuare le «frenate» che arriveranno. Dall’altra parte si cercherà di disinnescare i ricorsi contro le regole di alcuni stati americani come la California (se fosse nazione sarebbe la quinta del pianeta) che hanno standard altissimi sul clima anche per chi delocalizza. Trovandoci ancora una volta in un Paese petrolifero come fu Dubai con Cop28 una possibile «soglia di negoziato» non irrealistico e ragionevole potrebbe essere un «Grande Scambio» tra Paesi petroliferi (J. Sachs, Columbia University) da includere nell’accordo per il taglio delle emissioni a «0» entro il 2050 consentendo di usufruire di alti prezzi petroliferi fino ad allora.

Cosa che non succede oggi dato che ad un taglio dell’Opec (a prezzi crescenti) corrisponde un’apertura dei rubinetti del fracking Usa per controllare (in discesa) il prezzo del petrolio/gas sui mercati in un equilibrio instabile di quantità globali di petrolio «frizzate», mentre dovremmo ridurle. Perché ciò succeda serve un accordo globale Opec, Russia, Cina, Usa non facile in un’epoca di guerre ma nemmeno impossibile vista la sostenibilità del «Grande Scambio».

Un visitatore alla Climate Change Conference Cop29 - Foto Ansa/Igor Kovalenko © www.giornaledibrescia.it
Un visitatore alla Climate Change Conference Cop29 - Foto Ansa/Igor Kovalenko © www.giornaledibrescia.it

Meloni cosa farà? Nel suo discorso si trovano «equilibrismi» senza entrare troppo nei dettagli, come era prevedibile segnalando che «abbiamo bisogno di un mix energetico equilibrato per migliorare il processo di transizione» rinforzando l’idea di una «pluralità tecnologica» che vada anche oltre le rinnovabili ribadendo il concetto di «neutralità tecnologica» tra «gas, biocarburanti, idrogeno, cattura della CO2 e, in futuro, fusione nucleare che potrebbe produrre energia pulita, sicura e senza limiti», compresa la fusione nucleare che però arriverà tra 10-15 anni. Lanciando un auspicio giusto di «trasformare l’energia da arma geopolitica in una risorsa ampiamente accessibile anche attraverso una nuova diplomazia energetica per moltiplicare le opportunità di cooperazione tra il Nord e il Sud del mondo».

Messaggi ragionevoli ma senza il dettaglio del «come», con quali «tempi» e per «quali alleanze» e dunque per una «geopolitica depotenziata». Il messaggio sembra «decelerativo» ma basterà, sarà compatibile e quanto sostenibile? Vedremo se nelle conclusioni a Baku qualcosa di più chiaro e concreto riuscirà ad emergere, per ora vediamo solo «macchine che frenano nel disimpegno», nonostante un «mondo infuocato» dove le emissioni continuano il loro incessante cammino di crescita e con queste le proteste degli attivisti del clima.

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