La linea del Piave dei dem e di Schlein

Le elezioni regionali in Emilia-Romagna, una volta, erano senza storia: vinceva sempre largamente la sinistra. Nel 2020, però, nel turno elettorale del 26 gennaio (poco prima dello scoppio dell’emergenza Covid) Bonaccini prevalse con uno scarto di 7,8 punti sulla leghista Borgonzoni, mentre il divario fra le liste fu solo del 2,7%. Quella che, insieme alla Toscana, è ancora - fino a prova contraria - una vecchia roccaforte «rossa» è oggi un po’ più rosa.
Ci sono province, come Bologna, dove Bonaccini prevalse con 24 punti di vantaggio (22 per le liste) o come Reggio Emilia (16 e 12), Ravenna e Modena (11 e 6) ma anche una zona di equilibrio come Forlì-Cesena (più 5 punti per Bonaccini e più 0,5 per le sue liste) e ben quattro province pro Bergonzoni: Ferrara, Rimini, Parma e Piacenza. Ormai anche le vecchie appartenenze si sono un po’ indebolite, in alcune aree, però la struttura complessiva del consenso al centrosinistra (che nel 2020 non aveva l’apporto del M5s e ora sì) resiste.
Alle scorse regionali l’attuale «campo largo» ha avuto il 52,9% contro il 45,4% della destra; alle politiche il rapporto è stato di 54,4 a 39; alle europee, 55,9 a 40,6. Ciò dovrebbe bastare per dare la partita per chiusa a favore del candidato Michele De Pascale, che teoricamente può battere Elena Ugolini con circa il 15% di margine, stando alla storia recente. Tuttavia, il campo largo è in realtà larghissimo, quindi non si esclude che le ali estreme (centristi e pentastellati) defezionino in parte verso l’astensione o verso altri candidati. Inoltre, l’uscente è ormai eurodeputato, quindi si perde l’effetto ricandidatura che di solito funziona.
Tuttavia, la destra schiera una candidata non troppo connotata (la Borgonzoni era invece leghista, ma finì forse schiacciata dalla sovrapposizione mediatica di un Salvini allora sulla cresta dell’onda e troppo presente in campagna elettorale), il che può far guadagnare qualche voto moderato ma non sembra in grado di mobilitare troppo l’intera coalizione. Fatto sta che questa regione, nella quale il centrosinistra ha un vantaggio storico, come si diceva, è la linea del Piave della Schlein, che non può perderla senza subire gravissime ripercussioni nel partito.
Un partito, peraltro, il Pd, che nella regione è sempre al primo posto per percentuale di voti: 2020, 34,7% (Lega 32%); 2022, 28,1% (FdI 25%); 2024, 36,1% (FdI 28%). Il centrosinistra vincerà se costruirà come sempre la sua vittoria nelle zone fedelissime, cercando di arginare la destra nelle due province occidentali e nelle due costiere. Fra gli alleati ci sono i verdi e la sinistra di AVS che hanno costantemente fra il 4,5 e il 6,5% dei voti, ma anche quel M5s che nel 2020 prese solo il 4,7, alle politiche salì al 9,9 e ridiscese alle europee al 7,2.
A destra, l’epoca dei fasti leghisti ha lasciato il posto al dominio di FdI che vale più del 60% dei voti di coalizione, mentre la Lega è scesa dal 32% del 2020 al 7,5% delle politiche e al 6,5% delle europee, al contrario di Forza Italia che dal 2,6% delle regionali è salita al pur magro 5,8% delle politiche e al 6,1% delle europee.
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