Elezioni in Liguria, una vittoria decisa dai territori

Ponente contro Levante, ma anche città contro campagna: l’analisi dell’affluenza fa sembrare queste elezioni una «gara fra gamberi»
Marco Bucci - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it
Marco Bucci - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it
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L’affermazione del centrodestra nelle Regionali in Liguria e la vittoria di Marco Bucci nella corsa alla presidenza della Regione sono l’effetto congiunto di fattori su tre livelli: locale, strutturale e solo in parte anche nazionale.

L’affluenza, in primo luogo: quel 45,97% (-7,45% rispetto al 2020) è frutto di una diminuzione più contenuta a Genova (-5,18%) e La Spezia (-6,93%), cioè nelle due province orientali della regione dove Orlando era più forte, a fronte di un calo di circa il 12% a Imperia e dell’11% a Savona, dove invece era più forte Bucci. Se il calo fosse stato omogeneo, Bucci avrebbe vinto più facilmente. Ponente contro Levante, insomma, ma anche centro contro periferia: nella città di Genova, dove Bucci era sindaco, ha invece vinto Orlando col 52,27% contro il 44,29% con 18.598 voti di vantaggio (segno che le «capitali regionali» e anche molti capoluoghi di provincia, come insegnano anche esperienze straniere e i sempre attuali studi di Rokkan, sono altra cosa rispetto alla «periferia») mentre nei comuni dell’hinterland ha prevalso Bucci con 11.511 voti in più.

Questo fenomeno «città/campagna», legato alla maggior facilità nel far affluire le sezioni dei grandi centri, ha dato per ore l’effetto pareggio, che in realtà è sempre stato apparente, come gli esperti sondaggisti ingaggiati da La7 e dalla Rai (e tutti i politologi esperti di comportamento elettorale) avevano correttamente stimato.

In quanto ai candidati presidenti, hanno avuto un riscontro personale molto modesto se raffrontato al 2020: solo 34.534 voti personali contro i 56.065 della scorsa volta. Si sono affrontati due sfidanti deboli: uno (Orlando) troppo «romano», l’altro (Bucci) infiacchito dagli scandali altrui e salvato solo grazie all’apporto di colui che ha davvero vinto le elezioni (Scajola, dominus di Imperia).

A Imperia Forza Italia ha ottenuto il 17,6% dei voti (con seimila e trecento preferenze a Scajola) contro la media regionale dell’8%. Inoltre, lo scarto fra i due candidati (1,43% a favore di Bucci) è molto superiore a quello fra le coalizioni di liste collegate, che è solo lo 0,47% a favore del centrodestra. Quindi i due poli hanno sostanzialmente pareggiato, mentre Bucci ha portato alla sua coalizione uno 0,43% in più e Orlando le ha tolto lo 0,51%. Non è affatto poco: la riflessione, oltre che su ripicche e aspetti politici di basso cabotaggio, si dovrebbe fare tenendo conto di questi numeri, oltre al fatto che – venendo alle singole liste – il Pd subisce una vera e propria beffa, balzando dal 19,9% delle Regionali 2020, dal 22,7% delle Politiche 2022 e dal 26,3% delle Europee 2024 all’odierno 28,5% (senza contare i voti delle liste del presidente che potrebbero portare il partito della Schlein vicino al 30%) contro il 19,4% degli alleati: non un campo largo, ma Biancaneve e i sette nani.

Se i centristi per Orlando non vanno bene, Avs si conferma invece un partito abbastanza tonico, sul 6,2% contro il 3,9% del 2020, il 4,3% del 2022 e il 7,7% delle Europee. Il problema è il M5s che ad ogni elezione perde colpi: nel 2020 ebbe il 7,8% e si disse che era colpa delle Amministrative che sottovalutano il Movimento, infatti alle Politiche ebbe il 12,7% e alle Europee il 10,2%, ma stavolta sarà difficile rialzarsi dal 4,6%, tanto più che tira aria di scissione, a causa della disputa fra Conte e Grillo (e c’era anche Morra, che col suo 0,88% e 5.223 voti potrebbe aver affossato Orlando, pescando fra i delusi pentastellati e restando fuori dalla coalizione).

Nel centrodestra tutti sorridono per l’esito e per lo scampato pericolo, ma anche perché quel 48,3% delle liste è superiore al 44,1% delle Europee e al 42,2% delle Politiche; va ricordato però che nel 2020 le liste ebbero il 56,8%. Togliendo le civiche (che allora erano per Toti, oggi per Bucci) abbiamo: 2020, 36,2%; 2024, 33,1%. In altre parole, Toti trainò la coalizione oltre le sue possibilità espansive, mentre Bucci ha fatto quel che poteva o, meglio, l’ha fatto Scajola. Non è un caso che Forza Italia guadagni il 2,7% sul 2020 e l’1,4% sulle Politiche, perdendo solo lo 0,4% sulle Europee (quando però non c’erano civiche).

La Lega ottiene il dato più basso (8,5%) rispetto ai riferimenti (Politiche 9,3%, Europee 8,9%, Regionali precedenti 17,1%) ma può accontentarsi per non essere stata sorpassata dagli azzurri. Fratelli d’Italia ottiene un 15,1% che migliora il dato delle scorse Regionali (10,9%) ma che è difficile comparare con Politiche ed Europee (anche se, calcolando come voti per il partito della Meloni una quota di quelli delle civiche, si arriva a stento al 24-27% conseguito alle elezioni nazionali).

Nel complesso, ci è sembrata una gara fra gamberi, nella quale l’ex sindaco di Genova ha avuto la meglio grazie ad una decisiva spinta da ponente.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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