Opinioni

Il genitore negato

«Una guerra senza senso, per allontanarmi dalle figlie, che ti lo lasciato spesso vincere per non perderle del tutto»
Un padre mano nella mano con la figlia
Un padre mano nella mano con la figlia
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Te lo ricordi quando sono nate Lulu e Zuvi? Amore mio? Pioveva a dirotto e poi si mise a piovere anche sul pavimento che ti s’eran rotte le acque e siamo corsi in ospedale ridendo per quel telo da mare con le ostriche stilizzate, che pure tu ti stavi aprendo come un'ostrica per farle nascere, le nostre due piccole perle gemelle.

Son stato con voi ogni minuto, ho accarezzato la tua pancia gonfia, la tua schiena contratta, trattenevo paura, emozione e lacrime mentre assistevo, con finto coraggio di uomo bambino, al miracolo ancestrale di tenerti la testa, madida di sudore, mentre un’altra, la prima di due, spuntava dal nulla fra le tue cosce.

Come fosse potuto accadere che da quattro gocce d’amore un essere umano in miniatura, poco prima inesistente, sbucasse fuori intero dal ventre tuo, che tanto amavo, era sconvolgente.

Un niente impastato di mistero, in formato doppio, quattro occhi, uguali ai tuoi, che ci avrebbero scrutato per il resto dei nostri giorni, creature che avrebbero gattonato per casa, danzato, preso treni, aerei, diplomi, guidato auto, dato baci e pianto, scritturate per chissà quali ruoli nel copione della vita: le nostre creature. Ci abbiam messo tanto amore e mesi e mesi a scegliere i loro nomi. Tu dicevi: «I nomi creano il destino!». Sforzo inutile dato che dopo averle viste, entrambe, ne hanno avuto uno solo: ansia.

Abbiamo scritto di ore felici prima che uno strano virus ci facesse credere di averle solo sognate; prima che i nostri occhi cominciassero a evitarsi e le nostre labbra a dirsi cattiverie con Zuvi e Lulu atterrite in mezzo ai flutti di pece nera di una promessa sincera in totale naufragio.

L’amore che avevi l’hai trasmutato in infelicità, poi in odio puro e rabbia e hai cominciato a metterli nel caffè la mattina, nel piatto della sera, fra le lenzuola e infine, piano, piano, quando hai capito che non sarei stato lì a mostrare alle figlie la triste scena dell’orso di legno da centrare con coltelli affilati, hai mandato in onda, a reti unificate, la donna senza colpe, la tradita (con rivali fantasma di tua produzione).

Quattro anni di un inutile stalking anche giudiziario. Una guerra senza senso, per allontanarmi dalle figlie, che ti lo lasciato spesso vincere per non perderle del tutto.

Ti è costata una fatica enorme questa ossessione e l’odio consuma e ti ha consumato così tanto che nel silenzio della notte, all’improvviso, l’inverno, pietoso, ti ha portato con sé mentre lasciava il posto alla primavera. Quanto tempo (che non sapevi di non avere) sprecato e perduto.

Eppure ora che stringo le nostre perle, con tutto l’amore che ho e ti guardo placida e dormiente, finalmente serena, dentro la bara di frassino, mi piace pensare che, forse, tu sapevi che ci sarebbe stato un tempo lungo, eterno, in cui non saresti stata al loro fianco e quindi te lo sei preso in anticipo e in esclusiva, con forza, lasciandomi accumulare così tanto amore non dato che, ora, le potrò amare, per sempre, anche per te. Che la Pas sia con te, amore mio.

* La Pas (Sindrome da Alienazione Parentale) è una forma di abuso emotivo continuo da parte di un genitore (cd. indottrinante) che trasmette ai figli un odio patologico e la minaccia incombente e costante all’avvicinarsi dell’altro genitore. La vittima principale non è il genitore alienato, bensì il figlio che non può avere una crescita equilibrata e serena con una bigenitorialità sana. Per la legge italiana e parte della Psicologia la PAS non esiste.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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