Il coraggio di superare il dolore

«È notte. La notte è molto buia. In una casa lontana brilla la luce di una finestra. La vedo e mi sento umano dai piedi alla testa. È curioso che tutta la vita dell’individuo che vi abita e che non so chi sia, possa attrarmi solo per quella luce vista da lontano. Non c’è dubbio che la sua vita è reale, che ha un volto, gesti, famiglia e professione. Ma ora mi interessa soltanto la luce della finestra. Nonostante la luce sia lì perché lui l’ha accesa, essa rappresenta per me la realtà immediata. Io non vedo mai al di là della realtà immediata al di là della realtà immediata. Al di là della realtà immediata non c’è nulla. Se io, da dove mi trovo, vedo solo quella luce, vi è solo quella luce in relazione alla distanza in cui mi trovo. L’uomo e la sua famiglia sono reali dalla parte di là della finestra. Io sono dalla parte di qua ad una grande distanza. La luce si è spenta. Che importanza ha ora che l’uomo continui ad esistere?» (F. Pessoa)
«Riannodare i fili della vita», è il titolo dell’interessantissimo convegno al quale ho avuto la fortuna di partecipare, tre giorni fa, sul difficile tema del trauma da violenza sui minori. Un convegno con relatori eccellenti, tenutosi al Centro Paolo VI, organizzato dalla cooperativa Elefanti Volanti SCS Onlus, per tirare le somme di un lavoro monumentale che ha coinvolto, in 3 anni, 45 partner fra fondazioni, cooperative sociali, consultori, centri antiviolenza, sparsi sulle 4 province di Brescia, Bergamo, Cremona e Mantova. La sperimentazione di un modello integrato di presa in carico delle vittime di violenza che ha «agganciato» 1187 soggetti, aiutato concretamente 216 minori e 132 genitori (i dati definitivi fra due mesi) ed ha messo a punto, con il supporto del Prof. Giancarlo Tamanza dell’Università Cattolica di Brescia, un documento di Child Safeguarding Policy.
Oltre a Tamanza, tanti gli oratori: Franco Milani, direttore di Ats Brescia, Marco Rossi Doria, Presidente di Impresa Sociale con i Bambini, l’infaticabile Gisella Pricoco di Elefanti Volanti, Alberto Pellai, non ho spazio qui per elencarli tutti. Molto applaudito il «nostro» Andrea Bariselli che, con la metafora del peso di un bicchiere d’acqua fra le mani, ci ha dato la miglior definizione del segno che il trauma lascia sui bambini, un segno che dipende più che dall’evento, dal tempo in cui la mano è costretta a sorreggere da sola il bicchiere, la continua esposizione alla violenza. Riannodare i fili spezzati di vite segnate è un’impresa ardua, ma non impossibile. Continuare a pensare all’uomo dietro la finestra, dopo che si sono spente le luci, è la forza che muove gli operatori di Luce. Alcuni studiosi hanno appurato che il motivo della forza d’animo che certe persone hanno in più rispetto ad altre, sta esclusivamente nella capacità di affrontare i fallimenti.
Viene allora alla mente la storiella di quella figlia che si lamentava costantemente con il padre di quanto la sua vita fosse difficile e di non farcela più e il padre, cuoco, senza dire una parola, mise sul fuoco tre pentole, nella prima mise una carota, nell’altra un uovo e nell’ultima alcuni chicchi di caffè. Poi spense tutto, prese la carota e la mise in una tazza. Prese l’uovo e lo mise in un piatto. Infine, versò il caffè. Poi guardò la figlia e chiese: «Cosa vedi?»; «Una carota, un uovo e del caffè», rispose. La fece avvicinare e le chiese di toccare la carota. Poi le chiese di prendere l’uovo e di romperlo. Poi le chiese di bere il caffè. Lei sorrise al piacere di sentire il suo forte aroma. «Cosa vuol dire questo, papà?», «Hanno affrontato tutti la stessa avversità: l’acqua bollente. Ma hanno reagito in modo diverso. Tu, cosa vuoi essere? Una carota che sembra forte, ma poi quando arrivano i problemi e il dolore, diventa debole e perde la sua forza? Un uovo, che all’inizio ha un cuore malleabile e uno spirito fluido ma poi si indurisce trasformandosi interiormente? Oppure vuoi essere come il caffè che cambia l’acqua, l’elemento che gli causa dolore, e la trasforma in qualcosa di superbo?».
Ecco quello che è emerso dal convegno: le forze in campo nelle relazioni d’aiuto, pur senza essere immuni da difficoltà lavorano con determinazione affinché ciascuna delle vittime prese in carico possa diventare come il piccolo chicco di caffè e, magari, a fine percorso riuscire ad esprimere l’intenso e commovente aroma di un commovente: «Non è mai troppo tardi per avere un’infanzia felice».
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