La mediazione è ascolto ed emozioni

«Quello che la piccola Momo sapeva fare come nessun altro era ascoltare. (...) Mentre teneva fissi i suoi vividi grandi occhi scuri sull'altro, l'altro sentiva con sorpresa emergere pensieri - riposti dove e quando? - che mai aveva sospettato di possedere. E con lei ogni cosa parlava il proprio linguaggio». – Momo di M. Ende-
Siamo arrivati alla fine di questo, spero piacevole, viaggio nella magia e nei segreti della mediazione dei conflitti (in particolare quelli familiari). Tanto ci sarebbe ancora da dire su questa affascinate materia dalla potenza trasformativa.
Nutro la speranza di aver trasmesso, veicolandola attraverso aneddoti e curiosità, la straordinarietà di questo percorso (lontano dai tecnicismi e dai formalismi della giustizia) e che sia passato il messaggio che la Mediazione Familiare è, sì, arte, ma prevalentemente un luogo dentro il quale, con la regia discreta e neutrale del mediatore, il caos ed il disordine del conflitto si trasformano, creando nuove prospettive ed opportunità.
Anna de Vanna ha scritto: «Il rituale somiglia all'antico rito del fare il pane, per ottenere qualcosa di essenziale per continuare a vivere. Tra le nostre mani lievitano nuovi progetti, nuove speranze (...) tutti, mediatori e mediati, si sporcano le mani in questa operazione antica e straordinaria». Gli ingredienti? La volontarietà (si può abbandonare il percorso in qualsiasi istante), la riservatezza, l'assenza di giudizio, l'autodeterminazione.
Strumenti? Molti, sorprendenti, ma il più efficace, come ci ricorda la favola di Momo, l'ascolto empatico, che favorisce la liberazione delle emozioni ed il riconoscimento delle rispettive posizioni. Poi la comunicazione, perché ogni nostro comportamento, anche il silenzio, è un atto comunicativo e «non si può non comunicare» (ci ricorda Paul Watzlawick, della Scuola di Palo Alto).
Infine la Comunicazione Non Violenta di Rosemberg, quella del linguaggio Giraffa - Sciacallo che ha dato il titolo a questa rubrica. Lo Sciacallo, che si nutre di resti, simboleggia l'approccio comunicativo (dominante nel mondo) aggressivo e «divorante», che allontana, mentre la Giraffa, con il suo lungo collo e l'enorme cuore, guarda oltre gli ostacoli con empatia.
Vi lascio con un sorriso: «Ogni mattina in Africa quando sorge il sole, una gazzella si sveglia e sa che dovrà correre più del leone o verrà uccisa; un leone si sveglia e sa che dovrà correre più della gazzella o morirà di fame (...)». Ecco, ogni mattina, ovunque si trovi, quando sorge il sole, un Mediatore Familiare si sveglia e, prima di rincorrere sciacalli per trasformarli in giraffe, scalare piramidi di Maslow per individuare, come un cercatore d'oro, quale necessità di riconoscimento serpeggia nei labirinti di torti e ragioni, prima di dare lezioni di volo alla colomba di Kant o calarsi in sicurezza al centro dell'infuocato cratere del conflitto, sa un'unica cosa: che dovrà spiegare a tutti cosa non è la Mediazione Familiare. Non è terapia, non è counseling, non è un giudizio alternativo, non è riconciliativa, non mira necessariamente ad un accordo, non è destinata solo alle separazioni, ma a tutti i conflitti familiari. Perché la Mediazione è come la Verità: tutti pensano di conoscerla, confondendola con qualsiasi cosa. Tutti tranne, mi auguro, i pazienti lettori di questa rubrica.
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