Il finanziamento dei partiti, nodo irrisolto

In Italia si è passati dai fondi esteri alle tangenti, all’abolizione dei fondi pubblici
Contrassegni per le elezioni politiche del 2022 - © www.giornaledibrescia.it
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I costi della politica. I finanziamenti dei partiti sono, da sempre, oggetto di scontro tra i diversi soggetti politici che si contendono la scena. Vi individuano da un lato la potenzialità della concretezza della macchina organizzativa che possono mettere in campo, dall’altro il legame con ambienti che condizionano gli scenari sociali e indirizzano il voto. I metodi di controllo pubblico sulle modalità di erogazione variano da nazione a nazione e dal tipo di regime istituzionale.

Non è un caso se il ritiro di Biden, dato da tempo come fisicamente penalizzato, dalla corsa per venire riconfermato presidente degli Stati Uniti sia coinciso con la scelta di una parte significativa dei finanziatori della sua campagna elettorale di sospendere le erogazioni nel caso fosse andato avanti. C’era un’indicazione politica crescente, di suoi «amici», della opportunità di ritirarsi da una competizione che veniva data con alta previsione di sconfitta. Però lui voleva continuare ad essere l’avversario di Trump.

Quando le casse del partito democratico hanno segnato il passo e fatto prevedere che si sarebbe trattato di una scelta strategica, a lungo termine, Biden ha dovuto accogliere la raccomandazione di ambienti importanti del suo partito, farsi da parte e passare la mano alla sua vicepresidente Kamala Harris. Lei, rimasta in ombra durante tutta la presidenza, non si è proposta come un’alternativa politica a Biden, ma come la continuatrice di un disegno complessivo, rivisitato dalle sue prerogative personali, non zavorrato dall’età malferma del presidente in carica. Non era mai accaduto che chi si rendeva disponibile per la ricandidatura fosse disarcionato dai suoi. Stavolta si è proceduto.

Harris e Biden insieme alla convention democratica - Foto Ansa/Afp/Robyn Beck © www.giornaledibrescia.it
Harris e Biden insieme alla convention democratica - Foto Ansa/Afp/Robyn Beck © www.giornaledibrescia.it

I finanziamenti sono tornati, anzi hanno subito un’accelerazione e un incremento della platea degli erogatori. I sondaggi hanno dato per riaperta la contesa elettorale. Da una sconfitta data per certa si è passati ad una possibile vittoria, da strappare sul campo della rincorsa al voto utile negli stati considerati in bilico.

Da noi, recente, imperversa il caso Toti, dimessosi da presidente della Regione Liguria consegnato agli arresti domiciliari, a causa delle inchieste su finanziamenti alla sua parte politica. Li avrebbe ricevuti bypassando, secondo la magistratura, le regole che li controllano. Con personaggi del mondo imprenditoriale che affermano di aver finanziato a tutto campo, nel tempo e secondo le procedure, questo o quel soggetto politico. A breve si tornerà a votare per il governo della Liguria.

L'ex presidente della Regione Liguria Giovanni Toti - Foto Ansa/Claudio Peri © www.giornaledibrescia.it
L'ex presidente della Regione Liguria Giovanni Toti - Foto Ansa/Claudio Peri © www.giornaledibrescia.it

In Italia, dalla fine della guerra, si è parlato dei finanziamenti esteri che arrivavano a questo o quel partito per tenerlo collegato con il sistema che fungeva da casa madre. Poi dei finanziamenti tangentizi contrattati con operatori nazionali per assecondare le loro attese.

Quanto accade negli Usa, dove pure si denunciano distrazioni di fondi elettorali, conferma lo stretto rapporto tra politica, economia, finanza. Risalta nelle campagne elettorali, ma non finisce lì. Oltre alle scelte politiche di fondo si traduce nella indicazione di personalità che assumono ruoli chiave nel manifestarsi dell’amministrazione vincente. Da noi rimane una questione aperta.

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