Il declino del fact-checking e le minacce alla democrazia

Fact-checking: letteralmente «la verifica dei fatti», una pratica giornalistica tesa a garantire la qualità delle informazioni, nonché la credibilità delle testate che li diffondono, non gode oggi di particolare fortuna. A dire il vero sta da tempo perdendo terreno a motivo da un lato della crisi dell’editoria tradizionale, dall’altro dell’affermazione della Rete, il luogo per eccellenza dell’informazione incontrollata e delle fake news.
Senza contare le crescenti difficoltà dei fact-checker, professionisti del ramo, sottoposti come sono ad una sorta di ripudio, sino all’allontanamento come è recentemente avvenuto negli Usa. Qui la grande imprenditoria dell’informazione, tanto digitale quanto cartacea, non ha esitato ad inchinarsi al vincitore, offrendo il loro scalpo a Donald Trump, che evidentemente non ama la libera e indipendente circolazione delle idee e delle conoscenze critiche.
Dunque un problema non da poco per la democrazia e la stessa qualità della politica, che non possono prescindere dalla ricerca della verità, sia come insieme di certezze che come dato morale. Risale ad Alexis de Tocqueville la definizione della democrazia come «governo dell’opinione informata», vale a dire del giudizio critico ed autonomo. Esso rifugge da ogni forma di fanatismo, di assolutizzazione dogmatica e confessionale delle convinzioni, da quel dogmatismo che inquina la capacità di argomentazione, la disponibilità al confronto e al dialogo.
Mentalità gregaria e deferenza verso i leader carismatici che puntano alla «capocrazia» costituiscono infatti un rilevante fattore di indebolimento della democrazia e favoriscono la sua evoluzione in post-democrazia. Tornano alla mente le lezioni di Giovanni Sartori, uno dei buoni maestri della scienza politica italiana del secondo Novecento, il quale, studiando l’homo videns, la televisione e il «post-pensiero», sostiene che la democrazia è «una apertura di credito all’homo sapiens».
Naturalmente nessuno può ritenersi depositario della verità, ma nel contempo nessuno può esimersi dall’impegno a ricercarla nella consapevolezza dei limiti delle proprie conoscenze e della stessa ragione che, come diceva Mino Martinazzoli in un indimenticabile aforisma, «sa tutto, ma non sa nient’altro».
In che modo ci si può difendere allora dal caos informativo della Web Society, nella quale esplode una galassia di informazioni, ma implode il senso sino ad inabissarsi nel grande buco nero della irrilevanza e della negazione della complessità? Come affrontare i problemi di un mondo sempre più alle prese con sfide inquietanti senza disporre di una qualche bussola di orientamento verso una meta di maggiore umanità?
Anzitutto riabilitando il valore della discussione critica, in modo da consentire alla democrazia di emendarsi dai propri errori e alla società di mantenersi aperta, a ciascuno di assumersi le proprie responsabilità. Ma è soprattutto dalla elaborazione culturale che possono venire prospettive incoraggianti, così come dalla formazione umanistica al cittadino può essere data l’opportunità di reagire al degrado della «democrazia dell’audience e del pubblico» che tutto uniforma, più nulla seleziona e rende liquida ogni forma di discernimento, abbassando la reattività alla manipolazione e all’imbonimento.
Insomma la democrazia può attivare robuste difese immunitarie se saremo in grado di accompagnare la proliferazione dei saperi e delle specializzazioni, l’espansione delle conoscenze tecnico-scientifiche, della ricerca applicata, dell’innovazione tecnologica, con quel «sapere» antico e moderno costituito dalla tradizione umanistica: l’unica capace di tutelarci dal contagio della ragione calcolistico-strumentale oggi imperante per la quale è ragionevole solo ciò che è utile e produce utile, nonché di rilanciare quella «ragione valoriale» abilitata a promuovere autentiche relazioni umane. Un antidoto alla fredda automazione algoritmica che pare ormai disegnare il nostro futuro e che rimanda a sistemi di controllo idonei a ridurre, sino a condizionarlo, l’intervento umano, nonché ad elaborare criteri di operatività secondo una logica di pura inferenza meccanica.
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