Il centro è ancora un’istanza politica

Ma il centro è ancora un’istanza politica, oppure è uno scenario che appartiene ad un passato che non può ritornare? Da quando è imploso il partito della Democrazia cristiana ci si interroga su chi e che cosa possa occuparne lo spazio di mediazione come garanzia di governo.
Ci sono stati Berlusconi, Prodi, Renzi, ma man mano si è instaurato il meccanismo che premia le estreme. Condizionano l’esito elettorale mentre, voto dopo voto, aumentano quanti disertano le urne cambiando il fondamento della stessa democrazia. Non si fanno i conti con le ragioni che hanno portato all’esistenza della Dc.
Le pubblicazioni che narrano quegli anni sono per lo più riletture opera di chi la ha avversata nella gestione quotidiana della politica e vuole evidenziarne pecche ed errori per autoassolversi. Se è vero che non si sono fatti doverosamente i conti con l’era fascista, è altrettanto praticata la rinuncia a scandagliare il complesso delle ragioni di fondo che hanno garantito le stagioni democristiane.
Ora si torna ad interrogarsi sul centro perché è tornato d’attualità se il recupero di quel voto, o la sua emarginazione definitiva, sia la chiave per interpretare il futuro prossimo.
Guardo a questo dibattito da orfano democristiano, convinto che quel partito abbia chiuso la propria ragione d’essere: la cattolicità, ammesso che abbia un progetto di presenza politica nazionale, lo ha di altro segno. Ritengo invece che restino valide le opportunità di crescita e sviluppo che ne decretarono la nascita e la durata. Allora come non pensare che gli aspiranti facitori del centro politico partano da subito con il piede sbagliato? Vogliono ciascuno il proprio strumento personale.
La prima cosa da ricercare è il cemento che consente di tenere insieme una tale area, legittimandola ad aggregare altre posizioni convergenti. Provarono a farlo, con distinte modalità e parole d’ordine, Bossi, Berlusconi, Grillo.
I loro successori sono rimasti impantanati. La cattolicità è una minoranza nella società italiana. Ottiene di più accettando la sua distribuzione in diverse forze politiche, piuttosto che dando un mandato secco e divisivo ad uno specifico soggetto. Il tutto fin che dura - ma quanto dura ancora? - la convinzione, e l’esperienza pratica, che lì esista un patrimonio valoriale ed elettorale che condiziona anche chi ne è distante.
Il centro non come partitini concorrenti e pronti alla rissa quotidiana. Come progetto politico capace di non arrendersi alle estreme, anzi di temperarle dentro un cammino comune che loro, istintivamente, rifiutano. Vogliono estremizzare i centri di comando e sullo scacchiere internazionale ci vanno riuscendo in maniera che si fa via via più diffusa.
Non c’è molto tempo a disposizione. Gli spazi vuoti non vengono tollerati: o riesce un progetto oppure prevale l’altro. La Dc era un insediamento socio-civile e morale che veicolava fuori da una dittatura per una crescita comune diffusa. Quando non è stata più riconosciuta come tale è franata aprendo la strada alla disfatta di Tangentopoli. Centro, se ci sei, batti i tuoi colpi.
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