Se il non voto è contestazione sociale

Non basta sostenere che la democrazia è la migliore delle forme di governo possibili se non riesce ad essere democrazia e diventa sempre più strumento di mantenimento di posizioni di potere da parte di élites sempre più ristrette
Molti non si fidano dei politici - Foto d'archivio
Molti non si fidano dei politici - Foto d'archivio
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Oggi conosceremo l’esito del voto regionale in Umbria e in Emilia Romagna e quanti potenziali elettori avranno partecipato al voto recandosi ai seggi. Quindi chi brinderà alla vittoria e vi costruirà sopra una parte di quanto realizzerà, o affosserà, nelle prossime settimane. Si concluderà il trittico avviato con la Liguria. Ma l’effetto del voto quanto dura?

Nei giorni scorsi un amico di vecchia data, che avevo conosciuto come attivamente impegnato nella competizione politica negli anni giovanili e nell’età di mezzo, mi diceva che da anni non partecipa alle elezioni. «Tornerò a farlo – spiegava con estrema franchezza – quando qualcuno dei capi partito parlerà non tanto degli errori altrui come causa di tutti i mali, ma di come e quanto ha sbagliato lui e declinerà il suo impegno a porvi realisticamente rimedio. Non con le bugie delle quali ritengono legittimo infarcire le campagne elettorali, con la già programmata consapevolezza di disattenderle dando poi la responsabilità del cambiamento agli avversari».

Non è sempre facile decidere per chi votare © www.giornaledibrescia.it
Non è sempre facile decidere per chi votare © www.giornaledibrescia.it

Continua: «Campagne dalle quali diventa conseguentemente doveroso non fidarsi. Mi sento preso in giro per derubarmi del voto nell’urna. Il mio voto è nel non voto fino a quando non cambia la politica. Così decidono gli altri anche per me? In verità decidono ancora meno loro, gli altri, salvo che non appartengano ad una lobby che li ingloba e li usa».

Diffida pure della marea di dibattiti politici televisivi, che si inseguono a tutte le ore sulle diverse reti, e della palese mancanza di terzietà dei partecipanti come opinionisti. Anzi fanno a gara a non nascondere di essere apertamente schierati contro alcune posizioni e a sostegno di altre, a voler marcare un’appartenenza. Le cose non sono giuste in sé, ma in ragione di chi le compie. Non li segue, cambia canale. Spiega: «Rivendico il diritto alla disinformazione informata come libertà di giudizio».

Si tratta di un non voto che vuole essere voto e che sollecita un cambiamento radicale del costume politico. Quando verrà interpretato come tale e non classificato come un disinteresse congenito alle democrazie cosiddette mature, dove tutti i fondamentali sarebbero garantiti a prescindere da chi governa in un determinato momento congiunturale? «Che aumenti ad ogni tornata elettorale deve far pensare che non si sgonfierà di per sé, anzi si strutturerà sempre più in un no al sistema democratico così come strutturato, fino a favorire l’insediamento di forme di regime autoritario, viste come vie d’uscita dal caos delle verità che non durano neppure lo spazio di tempo del loro pronunciarsi».

Non basta sostenere che la democrazia è la migliore delle forme di governo possibili se non riesce ad essere democrazia e diventa sempre più strumento di mantenimento di posizioni di potere da parte di élites sempre più ristrette. Quando la disobbedienza civile e la contestazione sociale vengono veicolati come gli effettivi strumenti possibili di partecipazione politica e i partiti personali consumano senza tregua i loro capi, suona un campanone d’allarme.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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