I difficili rapporti tra Usa e Regno Unito

La rielezione di Trump ha aperto a nuovi scenari internazionali: il tyccon non ha mai nascosto avversione per il Labour Party e ci sono divergenze sulle politiche commerciali, estere ed energetiche
Così Londra salutava Trump nel 2019 - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it
Così Londra salutava Trump nel 2019 - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it
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In Italia il secondo mandato di Donald Trump alla Casa Bianca ha dato inizio a una curiosa corsa ad accreditarsi la sua amicizia, dato che il rapporto con Washington resta per la classe dirigente nazionale un fattore molto importante. Anche negli altri paesi, però, le singole classi dirigenti debbono adeguare le loro posizioni rispetto ai nuovi scenari statunitensi. E così è anche per il Regno Unito.

In passato, Trump non ha mai mancato di esprimere l’avversione per il Labour Party: attitudine che sta forzando il primo ministro britannico, Keir Starmer, a cercare di capire come superare le tensioni esistenti e quelle che potrebbero nascere: l’attuale Segretario agli Affari esteri, David Lammy, è stato costretto a scusarsi per aver definito, prima di entrare in carica, Trump un «sociopatico simpatizzante neonazista». Dal canto suo, il leader del Reform Party, Nigel Farage, forse il principale alleato britannico di Trump, per erodere il voto del Labour sulla destra ha celebrato la vittoria del repubblicano statunitense nella tenuta Mar-a-Lago.

Nonostante Trump si sia detto disposto a firmare un accordo di libero scambio tra Regno Unito e Stati Uniti, timori sono diffusi per gli effetti che le preannunciate tariffe fino al 20% su tutti i beni importati negli Usa potrebbero provocare sul commercio britannico e su quello globale. E, anche nel caso in cui il sopra ricordato accordo fosse trovato, è noto che il governo britannico non è disposto a concedere quanto la controparte statunitense si aspetterebbe, soprattutto in termini di accesso al mercato dei prodotti alimentari e della salute.

Difficoltà sono attese anche in politica estera. Londra vorrebbe trovare una relazione più «coerente e costruttiva» con la Cina, cooperando con Pechino su grandi questioni (clima, commercio e intelligenza artificiale). Trump, al contrario, vuole imporre tariffe del 60 percento sui beni provenienti dalla Cina e da tempo incolpa Pechino per i guai degli Usa. In Europa, Starmer vuole sostenere l’Ucraina, garantendo 3 miliardi di sterline in aiuti militari all’anno, aggiungendo che Mosca dovrebbe rinunciare a tutto il territorio acquisito dal febbraio 2022. Trump ha una posizione molto diversa: ha, sì, giurato di voler «fermare le guerre», ma ha elogiato Vladimir Putin e ha minacciato di tagliare gli aiuti a Kiev.

Dal punto di vista delle politiche energetiche, infine, i due Paesi sembrano essere molto lontani. Il segretario all’energia, Ed Miliband, sostiene che il Regno Unito sia sulla buona strada per diventare una «superpotenza dell’energia pulita» e ha promesso investimenti per miliardi di sterline, ha approvato una serie di enormi nuovi parchi solari e ha revocato il divieto di costruire turbine eoliche terrestri nel Paese. Trump, al contrario, ha ritirato gli Stati Uniti dagli accordi di Parigi sul clima durante il suo primo mandato e ha promesso di sostenere nuove trivellazioni per ottenere altri combustibili fossili, facendo capire di essere pronto a rifiutare qualsiasi nuova proposta di regolamentazione sul clima; e ricevendo, quale complimento da Miliband, la definizione di essere un «assoluto idiota».

In effetti, c’è molto lavoro da fare, tra i due Paesi anglosassoni.

Lucio Valent – Docente di Storia Contemporanea, Università Statale di Milano

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